La ricorrenza
«Specialmente le Feste di Natale sono giorni famosi per le scorpacciate. Sono giorni di Cuccagna universale», scrive Wolfgang Goethe nel 1787 da Napoli nel suo prezioso Viaggio in Italia. La città del Vesuvio diventa agli occhi del letterato tedesco come una grande quinta teatrale dove «parecchie vie e piazze sono addobbate in modo da destare il più grande appetito». Con festoni di cibi sospesi da un capo all’altro delle stradine, come i «rosari di salsicce legati con nastri rossi o come i polli d’India che portan tutti una banderuola rossa nel di dietro».
La dimensione laica, gastronomica, popolare, gioiosa si interseca insomma da sempre con i significati spirituali della Festa. E se, in antico, si poteva creare una demarcazione ideale tra chi celebrava il Natale con la cena della Vigilia, o tra coloro che festeggiavano col pranzo del 25 dicembre, nel nuovo Millennio si è arrivati a una salomonica celebrazione di entrambi i giorni.
Pollo d’India
«Che ormai si passi con disinvoltura dalla spigola della cena al tacchino – quello che Goethe chiama “pollo d’India” – del giorno dopo, mi sta anche bene, ma io da vero napoletano sono affezionato alla nostra tradizione e al menù di magro», spiega Enrico Pierri, titolare de Il Sanlorenzo, raffinato indirizzo tutto pesce a due passi dal roomanissimo Campo de’Fiori.
«Senza voler scomodare il grandissimo Eduardo De Filippo e Natale a Casa Cupiello – continua Enrico Pierri – un protagonista indispensabile della cena di magro è il capitone, la femmina dell’anguilla, di taglia più grande del maschio. Il colpo d’occhio dei banchi dei pescivendoli alla Pignasecca e a Porta Capuana è a dir poco spettacolare. Così come è simbolica e porta fortuna l’uccisione per decapitazione del capitone in Vigilia: è il serpente del male che viene sconfitto dalla nascita del Salvatore… quanto al seguito basta friggere bene a tocchetti per avere una squisitezza a tavola».
A Roma, città sempre più stregata dalla moda del pesce, nei giorni che precedono la Vigilia è tutto un rincorrere gli indirizzi giusti per trovare le vongole, indispensabili per una cena di Natale che si rispetti. Oppure la spigola che stupirà amici e parenti. Non per caso davanti alle pescherie ci sono in questi giorni code che non si vedono nemmeno davanti alle boutique. «È vero, sono giornate di gioiosa follia», conferma Arturo Scarci, titolare di Meglio Fresco di via Boccea, grintossima pescheria e bistrot gourmet.
Lo sfizio
«Oggi tutti vogliono i crudi e le tartare, chiedono le ostriche e gli scampi, le vongole e le spigole, penalizzando un poco il pesce povero. Oppure il baccalà che, fritto oppure al forno con patate e olive, rappresenta un vero sfizio della tavola, per giunta a un prezzo ragionevole». Gli fa eco Paolo Borzatta, consulente industriale e immaginifico produttore in Canino con la I&P di un extravergine che si misura col concetto dei grandi crus come per lo Champagne.
«Una cucina povera, ma non povera di spirito in Vigilia, è coerente col senso della Vigilia, ma anche – per i laici – col momento complesso che viviamo. Morale: puntiamo sulla nuda tradizione antica con piatti come gli spaghetti con le alici, le puntarelle, o con un meraviglioso prestito dalla cucina del Ghetto come la minestra di broccoli e arzilla. Il nome locale che viene dato alla razza. Una eccezione fuori regione? I tortelli di zucca mantovani, prodigio rinascimentale di gusto dolce-forte di zucca, amaretti e mostarda».