All’Italia il primato mondiale dei riconoscimenti Unesco nel settore dell’agro-food: con 5 sui 68 totali assegnati a livello globale, si posiziona al primo posto nella classifica. In particolare i 5 riconoscimenti riguardano: la dieta mediterranea, arte dei pizzaiuoli napoletani, cava e cerca del tartufo, transumanza, pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria.
A seguire in classifica è il Marocco con 4 riconoscimenti Unesco, 3 a Turchia e Azerbaigian, 2 a Belgio, Francia, Spagna, Tunisia, Giappone, Corea e Messico. I rimanenti sono 1 a testa nei vari altri Paesi. Questi i dati del rapporto su cibo e cultura presentato in occasione della conferenza organizzata a New York sul futuro della dieta mediterranea promossa dalla rappresentanza d’Italia presso le Nazioni Unite.
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Il report
A presentare i dati è stato il presidente dell’organo degli esperti mondiali dell’Unesco Pier Luigi Petrillo, professore di Cultural Heritage alla Luiss Guido Carli e direttore della cattedra Unesco dell’università Unitelma Sapienza.
«L’Italia, dal punto di vista dell’agro-food, è una potenza mondiale», dice Petrillo, sottolineando che i 5 assegnati sono una quota consistente sui 15 totali dati all’Italia in diverse categorie. Un primato significativo in questo settore «che è divenuto altamente sfidante, specialmente se si pensa che il cibo è sempre di più uno strumento di dialogo e di diplomazia. Proprio puntando sulla dimensione culturale del cibo, tra l’altro, si può battere l’assurda politica del ‘semaforo’ sugli alimenti che è altamente diseducativa e dannosa per le nostre produzioni tipiche».
Una buona notizia, sottolinea ancora l’esperto, nel giorno in cui il ministero degli Esteri ha lanciato la settimana della cucina italiana nel mondo. La dieta mediterranea divenne il primo riconoscimento di sempre nella storia dell’Unesco come bene immateriale in ambito di cibo e pratiche alimentari: «Il riconoscimento Unesco segnò un punto di svolta assoluto perché da allora il cibo è stato percepito dalla comunità mondiale non solo come prodotto ma come fenomeno culturale ed identitario di uno stile di vita, di un modo di essere».
Ecco perché anche l’arte del pizzaiuolo napoletano entrò a far parte della lista dei beni immateriali Unesco: non come concetto materiale di pizza, ma come tradizione e vera e propria arte identitaria dello stile di vita dei napoletani e della comunità di pizzaiuoli che la tramandano di generazione in generazione.
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