Il Pesce
Se gli dai del porco non si offende (e comunque non parla). È il tonno rosso che è prepotentemente tornato sulle nostre tavole perché le quantità consentite per la pesca sono state aumentate a livello mondiale. Anche se non è più a rischio estinzione, meglio non abusare della generosità della natura. Se la prima regola è non sprecare, va quindi utilizzata ogni singola parte del grande pesce definito appunto il maiale del mare. Come per il cugino di terra, non si butta nulla.
L’altra definizione è “tonno di corsa”, perché va veloce (70 chilometri l’ora) quando entra a fine primavera nel Mediterraneo da Gibilterra. Qui feconda le uova nei mari di Sardegna e Sicilia nel momento in cui i muscoli hanno la migliore consistenza e, dopo un paio di mesi, riparte rapido verso il Messico o il Canada. Già il lungo spossante viaggio ci dà l’idea della tonicità del corpo e della qualità della sua carne. Quattordici sono i tagli.
L’Addome
Il filetto è la parte magra di addome e fianchi. Molto raffinato, non va sprecato alla griglia (meglio impiegare la codella, la parte posteriore). Costa tanto, seppure non quanto la ventresca, la grassa e morbidissima pancia, tanto più gustosa quando la femmina sta per deporre le uova. Già i semplici spaghetti in bianco diventano una delizia.
La parte più buona della ventresca è il tarantello. Compare per la prima volta in un menù nel XVI secolo alla volta di Carlo V di Spagna in visita a Taranto (la città da cui prende il nome). L’imperatore apprezzò particolarmente la versione essiccata che oggi – dalla Liguria alla Sicilia – si chiama mosciame, il prosciutto del mare.
Più povero – e solo nel trapanese – è il salame fatto con i pezzetti di carne che restano attaccati alla lisca.
A Favignana lo chiamano ficazza, non chiedetemi perché. La salsiccia di tonno è invece il cosiddetto budello, lasciato in salamoia un paio di settimane impiegato per insaporire le insalate.
Ed eccoci al quinto quarto, le interiora. La bottarga, dall’arabo butarkhah: uovo di pesce all’interno del suo sacco. È così forte di sapore da esaltare anche i piatti più facili. Basta grattarla (poca! ché costa assai) sulla pasta o su dei crostini e la giornata cambia. Se si è bravi in cucina, provate la mousse di bottarga e ricotta.
Se avete la fortuna di comprare quella che affina Ciccio Sultano vi basta anche solo sniffarla. «È nella seconda chiamata di sale – spiega lo chef pluristellato di Ragusa – che dalla fermentazione si passa alla fase floreale». Lui e il suo esperto amico Alfio Visalli aggiungono petali di rosa, sambuco, miele ibleo e altri segreti.
I Polmoni
Dai tonni maschi deriva il lattume, il liquido seminale, da usare tagliato in tocchetti col prezzemolo e poi sfumato. Il cuore – lavorato come la bottarga – va consumato dopo pochi giorni, anche solo con limone. Stessa cosa per i polmoni.
Tutti gli scarti – compresa la parte nera col sangue che solitamente non viene apprezzata – messi sott’olio diventano la buzzonaglia. Costa poco o nulla (non fate capire che siete turisti) ed è magnifica come condimento della pasta.
Le guance, infine, sono ideali crude con prezzemolo e extravergine d’oliva. All’elenco manca il dorso, la parte più magra che si usa per le democratiche scatolette. Di loro ne parliamo qui!
La ricetta della tagliata di tonno con marmellata di peperoni dello Chef Giovanni Guarneri, ristorante Don Camillo – Siracusa
Ingredienti
Preparazione
Step 1
Per la marmellata: separare i peperoni per colore, lavarli, privarli dei semi, cuocerli a vapore per 2 ore circa. Sgocciolarli strizzandoli per bene. Frullarli e metterli in una casseruola, aggiungendo il 30% di zucchero e una spruzzata di aceto di vino bianco.
Step 2
Per la tagliata di tonno: da un filetto, tagliare una fetta spessa, ungerla di olio, salare e pepare abbondantemente. Scaldare una padella antiaderente e cicatrizzare il trancio di tonno da tutti i lati. Coprire e lasciare cuocere.
Step 3
Scaloppare il tonno, disporlo nel piatto, bagnarlo con una riduzione di aceto e servirlo accompagnato dalla marmellata di peperoni.
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