Il 44% dei giovani fra 18 e 25 anni non esita a ricorrere alla doggy bag (la borsa antispreco per portare con sé il cibo non consumatcon, ndr.) quando, al ristorante, rimangono dei cibi. Il 75% ordina solo quel che può effettivamente mangiare e il 90% preferisce «ingozzarsi» piuttosto che buttare alimenti. Sono questi i risultati più evidenti della ricerca sullo spreco alimentare fra le giovani generazioni.
Lo studio è stato condotto dal team scientifico dell’Università Lumsa coordinato dalla professoressa Laura Michelini (Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università Lumsa) e dal professor Massimiliano Scopelliti (Ordinario di Psicologia Sociale, Università Lumsa). Il gruppo di ricerca è composto anche da: Alessia Pisoni, Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi dell’Insubria; Elena Rinallo, dottoranda in «Sviluppo e il Benessere dell’Individuo e delle Organizzazioni», Università Lumsa e Alberto Morgante, dottorando in «Scienze dell’economia civile. Governance, istituzioni e storia», Università Lumsa.
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I numeri
Se il 90% dei ragazzi si dichiara pronto a mangiare pur di non gettare il cibo rimasto, la percentuale scende un po’ quando si tratta di organizzare la spesa settimanale: il 72% programma gli acquisti in modo tale da evitare l’acquisto di alimenti in eccesso.
Appare meno diffuso l’utilizzo delle app per il food sharing: 6 su 10 dichiarano di non averle mai utilizzate e solo l’8% confessa di adoperarle costantemente.
La GenZ dimostra ancora una volta grande sensibilità ai temi ambientali: il 45% dichiara di compiere scelte ecologiche all’atto dell’acquisto e l’80% ritiene semplicemente che sprecare sia immorale. Di seguito i dati completi della ricerca.
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Uso della tecnologia e orientamento «green»: un focus sulla GenZ
A livello globale vengono generati circa 931 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, di cui il 61% dal consumatore finale, il 26% dai servizi di ristorazione e 13% dalla vendita al dettaglio. Le stime evidenziano inoltre che l’8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo non consumato (Dati 2019, Fonte: Unep Food Waste Index Report 2021).
L’Università #Lumsa insieme a #Equoevento Onlus per la lotta allo #spreco #alimentare #26dicembre https://t.co/AO2LzYesWe
— InTerris News (@interrisnews) December 26, 2022
In questo scenario, considerato il peso che assume lo spreco a livello di comportamento del consumatore finale, il gruppo di ricerca dell’Università Lumsa – coordinato dai Proff. Laura Michelini e Massimiliano Scopelliti – ha svolto una ricerca volta ad indagare le abitudini di consumo, gli atteggiamenti e i comportamenti relativi agli sprechi alimentari dei consumatori più giovani (Generazione Z). I dati sono stati raccolti nei mesi di novembre e dicembre 2022 ed è attualmente in atto una fase di completamento della rilevazione per potere sviluppare un confronto con la generazione dei Millennials. Il campione è composto da 665 giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni, di cui il 65% donne e il restante 35% uomini, residenti in prevalenza al Centro (51%) e al Nord (39,8%) e in percentuale minore al Sud (9,2%). Di seguito sono sintetizzati i principali risultati.
Il consumo fuori casa
Il consumo fuori casa è caratterizzato da una buona attenzione rispetto al tema degli sprechi. Il 75% dei rispondenti dichiara di porre molta attenzione ad ordinare porzioni in grado di finire. Un dato che nasconde alcune differenze tra le regioni del Nord, in cui il valore sale all’80%, il Centro con il 73%, e il Sud in cui la percentuale scende al 65%.
Positivo il dato nazionale sull’utilizzo delle cosiddette «doggy bag»: il 44% chiede abitualmente di poter portare via ciò che avanza. Anche in questo caso con alcune differenze territoriali, con un dato più alto al Nord (47,5%) rispetto al Centro (43,1%) e al Sud (37,7%). Un dato positivo che evidenzia come la GenZ sia più predisposta all’utilizzo rispetto al dato nazionale secondo il quale il 39% degli italiani porta a casa gli avanzi del ristorante con la “doggy bag” (Coldiretti, 2022).
Il consumo domestico
Per comprendere il comportamento relativo alla prevenzione e alle abitudini relative allo spreco domestico è stato svolto un focus esclusivamente su giovani fuori sede e/o responsabili di acquisto (complessivamente n. 219 individui). I dati mostrano un buon impegno a consumare gli alimenti prima che si deteriorino: oltre il 90% che dichiara di impegnarsi molto a consumare il cibo per evitare di gettarlo. Anche se questa percentuale scende al 72% quando ci si riferisce alla capacità di programmazione della spesa per evitare di acquistare cibo in eccesso e doverlo sprecare. In sintesi, minore attenzione nella fase di acquisto (prevenzione) ma maggiore impegno per evitare lo spreco.
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Le app di food sharing
Meno diffuso risulta l’utilizzo delle app di food sharing, che consentono di acquistare e ritirare presso punti vendita selezionati prodotti a prezzi scontati che altrimenti verrebbero sprecati. Il 60% dichiara di non averle mai utilizzate, il 16,7% solo raramente, il 15,3% qualche volta, mentre solo 8% le utilizza abitualmente. Si evidenzia una differenza di diffusione tra le aree del Paese con maggiore utilizzo al Sud dove il dato degli utilizzatori abituali sale al 13%, rimane piuttosto elevato anche nel Centro dove si attesta intorno all’11%, più basso l’utilizzo nel Nord Italia (3%).
Un dato interessante riguarda la relazione tra l’uso dell’app e lo spreco domestico. Dall’analisi dei dati emerge infatti che gli utilizzatori delle app hanno anche la tendenza a sprecare meno nel consumo domestico.
La sensibilità ai temi ambientali
Rispetto ai temi della sostenibilità più in generale, il 70% dichiara di essere una persona che si preoccupa delle questioni ambientali e il 45% dichiara di compiere scelte ecologiche nell’atto di acquisto. Questa discrepanza è peraltro ben nota negli studi scientifici, in cui talvolta agli “orientamenti” positivi non seguono le condotte reali. In ogni caso, i giovani che condividono valori rivolti alla tutela dell’ambiente e un’identità “green” sono poi coloro che mettono più frequentemente in atto comportamenti di riduzione degli sprechi alimentari.
Circa l’80% del campione ritiene che sprecare sia immorale. Emerge, infine che quando lo spreco è percepito come immorale, questo si traduce in un forte comportamento antispreco.
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Focus sulla regione Lazio
Il campione è composto da 328 giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni, di cui il 73% donne e il restante 27% uomini. Di seguito si riporta una breve sintesi dei dati principali relativi alla regione Lazio rispetto al resto d’Italia.
Anche nella regione Lazio il consumo fuori casa è caratterizzato da una buona attenzione rispetto al tema degli sprechi: il 73% dichiara di porre molta attenzione ad ordinare porzioni in grado di finire, anche se leggermente inferiore al resto del Paese (77%). Positivo invece il dato sull’utilizzo delle «doggy bag» anche nel Lazio: il 44% chiede abitualmente di poter portare via ciò che avanza in linea con il resto d’Italia.
Per comprendere il comportamento relativo alla prevenzione e alle abitudini relative allo spreco domestico è stato svolto un focus esclusivamente sui giovani fuori sede e/o responsabili di acquisto (complessivamente n. 135 individui). I dati mostrano nel Lazio un dato leggermente superiore al resto d’Italia per quanto riguarda l’impegno a consumare gli alimenti prima che si deteriorino: circa il 92% dichiara di impegnarsi abitualmente a consumare il cibo per evitare di gettarlo (rispetto all’88%). Anche nel Lazio questa percentuale scende al 72% quando ci si riferisce alla capacità di programmazione della spesa per evitare di acquistare cibo in eccesso e doverlo sprecare (in linea con il resto del Paese)
Nel Lazio le app di food sharing sono utilizzate abitualmente dall’11% degli intervistati. Un valore superiore alla media del resto del Paese (in cui si evidenziano differenze importanti tra Nord e Sud del Paese evidenziate nel paragrafo precedente).
Leggermente superiore rispetto al resto d’Italia e è invece la sensibilità ai temi della sostenibilità più in generale. Il 68% dichiara di essere una persona che si preoccupa delle questioni ambientali (rispetto al 65%) ma è più bassa la volontà di compiere scelte ecologiche nell’atto di acquisto (42% rispetto al 48% del resto del Paese). In sintesi, risulta leggermente più accentuata la differenza tra l’identità e il comportamento effettivo.
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