Il cocco
«Bello, fresco, eccitante, è la gioia del bagnante. Gnam gnam gnam». Mimmo Di Raffaele ricorda così l’ambulante che vendeva il coccobello sulle spiagge di Formia e Gaeta, dove andava da bambino. Venti anni fa con mille lire ti davano quattro pezzi di cocco. Adesso – che non è più nel secchio con l’acqua ghiacciata, ma sigillato in bustine monodose – non basta un euro per uno spicchio. Però, rinfresca come allora. Oltre l’acqua di cui è (in gran parte) composto, è ricco di potassio, zinco, ferro, rame, fosforo, magnesio e altri minerali. Naturalmente anche di fibre e zuccheri. Alimento essenziale, del resto, nei paesi tropicali dove lo scoprirono gli esploratori spagnoli che lo chiamarono “coco” (cioè testa) perché ricordava il volto delle scimmie.
Le forme
Insomma, se avete bisogno di energia, è meglio di centomila costosi beveroni e lo si può gustare in forme e consistenze diverse. Se liquido, può essere acqua di noce di cocco o latte di cocco, cose ben diverse. L’acqua è il liquido naturale dentro la noce, un siero molto rinfrescante. Il secondo – dalla densità di una leggera panna – si può fare anche a casa miscelando l’acqua di cocco alla polpa in polvere. Consueto nella preparazione dei dolci. Dalla spremitura di fibre e polpa deriva anche l’olio alimentare. Giustamente considerato un superfood, ha attratto l’attenzione dell’industria di trasformazione alimentare. Una delle novità made in Italy arriva da La Perla di Torino. Ha lanciato una crema senza latte animale al sapore di cioccolato (concorrenza alle tradizionali spalmabili piemontesi
alla nocciola?) e una bevanda con acqua di cocco delle Filippine con ananas.
La moda del sapore vellutato si ritrova anche nei cocktail che usano il cocco non più solo come tocco di guarnizione nel bicchiere, ma come ingrediente. Walter Iezzi, barman di lungo corso – venezuelano di origine che vive in Abruzzo – propone il Dorange Colada (grappa Bonollo di Amarone, latte di cocco, dash di angostura, polpa di ananas). Meno alcolico del liquore ottenuto dalla distillazione dei fiori di cocco che dà pesantemente alla testa. Lo testimonia chi scrive, avendolo assaggiato in Vietnam.
Gli scarti
Del cocco, insomma, non si butta nulla. Neanche gli scarti, come le foglie (per cappelli e stuoie) o i tronchi per creare mobili e oggetti. Dal consumo limitato alla spiaggia, è diventato così intrigante elemento in cucina. In Asia, da sempre, è impiegato nei gamberi al curry e nel pollo (con cipolle a fettine, aglio, peperoncino e curcuma).
Gli abbinamenti
«Io lo vedo bene abbinato ai piatti di pesce» afferma Mimmo Di Raffaele, che ricorda che «una scaglietta di noce dà sapidità, non è dolce; il latte sì». La prima volta sperimentò col carpaccio di baccalà crudo con emulsione di latte di cocco a sua volta emulsionato solo con olio, sale ed erbe aromatiche come nasturzio o acetosella. Un suo piatto simbolo oggi è lo “sciuscio” di cui racconta l’origine. «Portai a Caserta la mia fidanzata di allora, una giapponese. Mia madre per farle piacere le chiese di insegnarle a preparare il “sciuscio”. Intendeva il sushi. La situazione comica mi spinse a creare la versione mediterranea del piatto giapponese con riccio di mare, una goccia di latte di cocco e una scaglia di noce».
La ricetta del trancio di spigola al cocco dello Chef Mimmo Di Raffaele
Ingredienti
- Spigola 2 tranci
- Olio EVO
- Zuppa di pesce 200 g.
- Latte di cocco 100 g.
- Taccole
- Sale
- Fior di sale
Preparazione
Step 1
Portare l’olio a 70° C, disporre i tranci di spigola con pelle squamati e spinati e cuocere per 10-12 minuti
Step 2
A parte ridurre la zuppa di pesce ottenuta dalle lische e dalla testa della spigola fino a renderla densa, aggiungere il latte di cocco, emulsionare con con minipimer e regolare di sale.
Step 3
Disporre al centro del piatto le taccole (precedentemente sbianchite in acqua e saltate con olio e sale), il trancio di spigola e salsare con la zuppa di pesce al cocco, guarnire con fior di sale e servire.
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