Le varietà
Leggera e digeribile e quindi adatta anche ai bambini. La sogliola è un pesce delicato, che non vuol dire senza identità. Pescata tutto l’anno e in tutto il mondo, proprio a inizio giugno è nel nostro Mar Mediterraneo che si apprezzano gli esemplari più buoni (e più piccoli). Più vicino alla costa, non solo a profondità fino a 200 metri.
Molte le varietà: dalla più comune gialla alla brutta pelosa, passando per la fasciata e l’occhiuta. Col rischio di farsi prendere in giro dal pescivendolo poco serio che spaccia per sogliola pesci piatti come la platessa dell’Atlantico Orientale e la passera di mare che è più parente del rombo. L’unica cosa che le avvicina è l’essere sottili, tanto da poter adattare anche a loro l’aneddoto di Giobbe Covatta. «Dio creò un animale che stava sempre zitto, e disse: “Questo è muto come un pesce” e lo chiamò pesce. Poi scivolò, ci cadde sopra, lo schiacciò e fece la sogliola».
Platessa e passera valgono circa la metà del più nobile pesce, se il prezzo è maggiore si tratta di vera e propria truffa.
I trucchi
«La mia preferenza – racconta Andrea Burzacconi, romano, cresciuto alla scuola degli
stellati Valeria Piccini e Giulio Terrinoni, ora trasferito in Sicilia – va alla sogliola del
Mediterraneo perché la salinità del nostro mare e il tipo di alimentazione, conferiscono gusto e consistenza alle carni. Molto apprezzate per la loro delicatezza, ma allo stesso tempo per il loro sapore».
Comprata la sogliola, il primo problema è spellarla secondo le esigenze delle differenti cotture. Il trucco è fare una piccola incisione sulla coda, sollevare un pezzetto di pelle, con una mano tenere ben fermo il pesce sul piano di lavoro e con l’altra tirare la pelle senza fermarsi fino alla fine. Durante una recente puntata di Masterchef, il cuoco Giorgio Locatelli ha svelato il suo segreto per rendere succose dentro e croccanti fuori anche le pezzature più
grandi. «Va cotta intera, quattro minuti per lato, poi va fatta riposare un paio di minuti, quindi sarà sfilettata, privata della lisca centrale e ricomposta». Eccoci così ai fornelli.
«Un piatto di molta comparita», cioè bello, secondo Pellegrino Artusi sono le sogliole al vino bianco. Un classico anche per la mitica Ada Boni: cotte nel burro, coperte di vino bianco e infine messe al forno. Alla mugnaia è l’altro modo più comune di cuocerle (filetti grossi, burro chiarificato, prezzemolo tritato, succo di limone, vino bianco, farina bianca, pepe e sale). Meno comune – ma un tempo popolare al Centro Sud – la sogliola in brodetto con salsa di pomodoro, soffritto di cipolle, brodo vegetale e aromi.
Le rivisitazioni della sogliola
Ovviamente gli chef contemporanei non si accontentato della riproposizione delle antiche ricette. In Sardegna, nei ristoranti Miraluna e Ulia, Fabio Vacca (37 anni, un passato in
brigate stellate in giro per il mondo e in Italia da Claudio Sadler) ha riscritto in chiave
green la sogliola alla Mornay.
«L’idea – racconta – nasce dalla reinterpretazione della famosa ricetta danese sostituendo la parte animale lattica con una parte vegetale a base di mandorla». A sentire lo chef non è complicata da fare. La sogliola va sfilettata e scottata in padella anche con della scorza di limone; poi i filetti vanno glassati con una crema di mandorla ottenuta frullando le mandorle fresche con acqua di cottura di vongole. Infine un filo di olio extra vergine di oliva.