Preparazione
Ficazza non è una parolaccia. È invece una bontà della gastronomia siciliana, un salame fatto con i pezzetti scuri della carne rimasta attaccata alla lisca del tonno. Dopo essere stati salati, pepati, essiccati e insaccati nei secoli passati erano il companatico dei pescatori più miseri. Come il musciame di tonno rosso che si usava in Liguria, a Carloforte in Sardegna e in Puglia. Il tonno – si dice – è il maiale del mare, proprio a significare che non si butta nulla. Perfino per farci salsicce ancora più economiche di quelle di suino. Da cibo povero di ieri, adesso è diventato gourmet. Come tutti i salumi di pesce che sembrano essere la nuova frontiera dei ristoranti di mare dell’estate.
Per molti è stata una scoperta, non così per Moreno Cedroni, due stelle Michelin a Senigallia, che nel 2003 aprì Anikò, la prima salumeria ittica al mondo. L’idea iniziale era di lavorare il pesce come lo speck dell’Alto Adige. «Da un macellaio di Bolzano – racconta – imparai le tecniche di affumicatura e salatura dei prosciutti e le applicai alla ricciola». Poi fu la volta di sgombro, anguilla, tonno e pesce spada. Il coraggio non gli è mancato e il successo non si è fatto attendere. Dal pezzo intero trattato con un prosciutto all’insaccato il passo è stato breve.
La scoperta
Il paniere dei salami di pesce è ormai vasto: dalla più comune soppressa di polpo alla perfetta imitazione della mortadella (il colore rosa è dato dal mix tra tonno e salmone) che in Toscana fa la Salumi di Mare che propone anche una straordinaria porchetta di mare. Mauro Pellegrini, il titolare, si era laureato in ingegneria, ma il caso ha voluto che trovasse in un vecchio cassettone in soffitta antiche ricette dimenticate dell’800.
«Originariamente i miei avi – racconta – facevano i carbonari e per variare un po’ i sapori provarono a sostituire nei salumi il maiale col pesce della Maremma. Ne fecero anche un’attività produttiva che finì a cavallo delle due guerre mondiali. In famiglia avevamo dimenticato questo passato, fino alla fortunata scoperta delle ricette tra le pagine di un vecchio abecedario». «Noi – aggiunge Pellegrini – abbiamo trovato anche documenti della banca del sale di Firenze del 1400 con le dosi per essiccare il pesce. Ora usiamo il purissimo sale di Volte e solo pesce del nostro mare».
Il procedimento
Tecniche antiche anche per la stella Michelin Giulio Terrinoni che in inverno fa stagionare il pesce nella cantina del ristorante Per Me a Roma e in estate nel più fresco casale della madre a Fiuggi. «Serve esperienza – spiega – per capire i tempi di maturazione, per individuare i giusti venti naturali».
Il processo inizia mettendo sotto sale e zucchero bilanciato il pesce, che così perde anche la leggera nota amara della ricciola. «Per l’affumicatura – aggiunge – amo le erbe marine come la salicornia, raccolgo sulla sabbia gli aghi e le pigne dei pini marini, uso piante della macchia mediterranea».
Al ristorante propone lo speck di mare col purè di mele e salsa di rafano. In carta ha anche la salsiccia marina, la cui ricetta semplificata scopriremo oggi. «Il palombo come parte grassa, i pezzettini di seppia bianca e la rana pescatrice – afferma – danno visivamente anche l’idea del perfetto insaccato e così per la consistenza». Il sapore è però tutto un altro film.