La salama da sugo
Lo scialo meraviglioso delle calorie ha un suo Everest nella gastronomia italiana e si chiama salama da sugo, un insaccato totem nel panorama goloso dei ferraresi. Qualcuno ingentilisce il nome in salamina ma, onomastica a parte, l’impatto di sapore è sempre solenne, potentissimo. Su questo autentico principe della gastronomia estense, la propensione a scherzare è peraltro molto poca. Basti ricordare la levata di scudi all’ombra del Castello Estense a tutela dell’onore della salama, quando nel 2008 Francesco Rutelli, riferendosi a Berlusconi, si lasciò scappare in un comizio una incauta metafora: «Tra qualche giorno arriverà a casa la salama, l’insaccato indigesto di Berlusconi, che descrive Roma come
una città del terzo mondo…».
«Apriti Cielo, certo!» ricorda divertito Igles Corelli, uno dei padri della cucina moderna italiana col suo Trigabolo ad Argenta, oggi direttore scientifico dell’Accademia del Gambero Rosso. «Ma la nostra non era una polemica politica, ma solo un pretesto per ricordare una gloria gastronomica dei nostri territori. Un presidio Slow Food con una grande storia alle spalle, per giunta».
La polemica
Una polemica ancor più difficile, peraltro, ai nostri giorni, con due ministri, Franceschini e Bianchi, che da ferraresi doc guardano alla salama col dovuto rispetto. Ci fossero ancora dubbi in materia, con un piccolo tour nelle campagne intorno a Ferrara, è sufficiente arrivare alle soglie di Madonna Boschi, un borgo di nemmeno duecento anime. Qui si staglia imponente un monumento alla Salamina, protagonista anche di una dionisiaca Sagra che si svolge di norma nel mese di settembre.
I quarti di nobiltà di questo insaccato nascono dalle grandi opere di Borso d’Este del 1471. Col sistema di canali aveva avviato la bonifica delle valli del Po, creando un microclima ideale per l’allevamento, ma soprattutto per la stagionatura dei “busgàt”, i maiali, come sono chiamati in dialetto ferrarese (dove l’usatissima espressione “maiàl” è invece contrazione di “mai al mondo”). Ed è in questo contesto che si sviluppa l’invenzione della salama, anche strumento diplomatico nei banchetti di Corte. Lo attesta una lettera riconoscente di Lorenzo il Magnifico a Ercole I d’Este, che gli aveva mandato in dono a Firenze delle portentose “salame”.
I mesi
«Il segreto sta tutto nella giusta miscela delle parti del maiale», spiega ancora Igles Corelli «capocollo, guanciale, pancetta, lingua, aromi e generoso bagno di vino. Poi si insacca nella vescica del maiale, legando. Ne viene fuori una sorta di melone un po’ schiacciato. Non resta che aspettare almeno otto mesi e poi si può portare in tavola. Basta tagliare, vedere il sugo scuro che cola, i profumi violenti che si sprigionano e l’appetito parte a mille».
Dopo le glorie antiche, tuttavia, la salama era rimasta un poco confinata nei suoi territori di origine, anche a causa degli imperativi salutisti del mangiare light. Negli ultimi tempi però un vero e proprio revival. Lo chef Carlo Cracco per la sua trasmissione Dinner Club se la è andata a riscoprire a Bondeno, lungo le vie del Po, all’Osteria Scciancalegn. Lo chef romano Arcangelo Dandini ha deciso invece di divulgare la bontà della salama anche nella Capitale.
La salama da sugo con purè di patate dello Chef Arcangelo Dandini, Ristorante L’Arcangelo – Roma
Ingredienti
- Salama da sugo 1
- Patate 1 kg
- Burro 80 g
- Latte 30 ml
- Salama da sugo
Preparazione
Step 1
Riempire un contenitore di acqua e immergere la salama, lasciandola in ammollo tutta la notte.
Step 2
Asciugare bene e togliere la pelle avendo cura di incidere senza affondare troppo il coltello.
Step 3
Mettere la salama in una busta a sacco per cottura e disporla in una pentola piena a tre quarti d’acqua, facendo attenzione che resti ben dritta.
Step 4
Partire a fuoco medio e, non appena l’acqua comincerà a bollire, abbassare la fiamma al minimo e cuocere per almeno 5 ore con il coperchio, aggiungendo acqua calda alla bisogna.
Step 5
Tagliare la salama a piccoli pezzi e disporla al centro di uno stampo da savarin riempito di purè di patate.
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