La tartare
Cercando su Google “Carpaccio pittore” vengono individuate 53 mila citazioni. Per “Carpaccio carne” le pagine censite sono state 11 milioni. Non c’è partita: il piatto di carne cruda inventato nel 1963 all’Harry’s Bar di Venezia è universalmente molto più noto dell’artista veneziano.
La leggenda
Giuseppe Cipriani raccontò così l’origine della ricetta: «La contessa Amalia Nani Mocenigo non poteva mangiare carne cotta e per accontentarla pensai di affettare un filetto molto sottile. Sopra misi una spruzzata di una salsa molto semplice. Lo chiamai Carpaccio perché il colore del piatto ricordava certi rossi dell’artista. Le invenzioni vengono fuori per caso». Un po’ di storia anche per la tartar (o tartare), anche questa di carne cruda. «La leggenda – racconta Fabrizio Nonis, il famoso Bekér (macellaio in friulano) di Gambero Rosso Channel – narra che il popolo nomade dei tartari dell’Asia Centrale, non avendo tempo per cucinare poneva la carne essiccata tra la sella e il dorso del cavallo in modo da farla macinare e ammorbidire mentre si cavalcava».
Ancora diversa è battuta, la preferita di Simone Fracassi, maestro macellaio tra i più noti in Italia, con bottega a Rassina, in provincia di Arezzo. «Tartare e carpaccio – sentenzia – sono piatti, la battuta al coltello è un pezzo di carne battuto al coltello, mai macinata, punto». Fracassi gioca perfino con la parola: «È come nel tennis, una cosa è la battuta, una cosa lo scambio. Nello scambio c’è di tutto come nella tartare o nel carpaccio. Con una bella battuta – se sei bravo – fai invece punto immediatamente. Se vai di contro fibra e tagli nella maniera giusta, non serve altro».
Ma quali carni scegliere? «La fassona piemontese – spiega Fracassi – è più dolce, ha fibre più strette e conseguentemente è più morbida. La chianina toscana, ha fibre più lente, quindi va addentata con più forza, sprigiona più sapore». Sulla carne cruda anche la scelta del taglio è determinante. Secondo Fracasssi, «dipende dalla razza, ma anche dal genere: se femmina ha un po’ più di grasso. Nella piemontese si preferisce la parte anteriore. Della chianina solo il posteriore. Ma il filetto, sì fesa o noce».
Le erbe
Lo chef sardo Salvatore Camedda usa solo sottofiletto di bue rosso sardo-modicano. «Sono vacche – racconta – allo stato brado tutto l’anno, tra mirto ed erbe selvatiche, che danno – manco a dirlo – un sapore straordinario. Solitamente il bue rosso del Montiferru si utilizza cotto, ma è sorprendente mangiarlo crudo».
Infine, il tema del condimento. «Che senso ha – si chiede Fracassi – spendere soldi per poi coprire il sapore della carne di ottima qualità con eccessi? Non bisogna abbondare di condimenti, gli unici due esaltatori di sapore da usare sono l’olio extravergine d’oliva e il sale. Ma quanto basta».
Proprio “ragionando” con Fracassi, lo chef bistellato Francesco Bracali ha pensato alla sua salsa di accompagnamento: una maionese leggera con acqua, olio e erba cipollina (la ricetta di oggi) che già da sola esalta la carne. «Nel mio piatto – spiega Bracali – la parte acida è data poi dalla polvere di lamponi a mucchietti sparsi nel piatto. Infine le erbe e i fiori di campo, con la loro freschezza, valorizzano la sapidità della carne, facendo sì che ogni boccone sia diverso dal precedente grazie ai vari aromi».