La pietanza
Un brodino caldo fa bene al corpo e allo spirito. In questi giorni freddi è tutta salute che guarisce la gola «come un unguento» (da un testo del Duecento conservato alla Laurenziana), rinforza le articolazioni, rende più luminosa la pelle. «La maggior parte delle persone ancora non sa una cosa: in un brodo c’è più di quel che sembra», scrive Kellyann Petrucci in La dieta del brodo (Newton Compton).
L’anima
Un toccasana anche per l’anima: di carne o vegetale che sia, cattura e mantiene alte percentuali di triptofano, la molecola che favorisce il rilascio di serotonina migliorando il tono dell’umore. Amato in casa, finalmente è stato sdoganato anche dai grandi chef. Il merito maggiore va riconosciuto ad Andrea Berton, tra gli allievi preferiti di Gualtiero Marchese, titolare di ben due stelle Michelin (a Milano e al Sereno sul Lago di Como).
«Mi piace – racconta – dare importanza a un elemento base, da molti però considerato accessorio. Al brodo ho dedicato un intero menù degustazione, elevandolo a vero protagonista della mia cucina e non come sostegno di risotti o minestre. Nel menù ho inserito brodi che cambiano a seconda delle stagioni, caldi d’inverno e freddi d’estate. Un menù fresco, profumato e gustoso in cui viene considerato la summa e l’ingrediente principale di ogni pietanza. Come il Merluzzo sfogliato con pane al prezzemolo e rapanelli con brodo di prosciutto crudo. I Ravioli aglio, olio e peperoncino con brodo di cicale di mare. O ancora l’Insalata di granchio reale con brodo di finocchio e anice».
Per Berton, quindi, «Non è il solito brodo», come del resto recita il titolo del suo libro pubblicato da Mondadori. «Il brodo – scriveva sul primo numero di Pantagruel, la rivista quadrimestrale diretta da Elisabetta Sgarbi, edita da La nave di Teseo – è un concentrato di sapore che permette di amplificare il gusto e di rafforzarlo perché rimanga più a lungo in bocca. Per questo sono convinto che meriti maggiore attenzione. Attraverso il brodo non solo si ha modo di estrarre le proprietà degli alimenti ma anche di fonderli in modo armonico».
La memoria
Berton, partito dai brodi classici come quello di gallina, memoria dell’infanzia, è arrivato al brodo di Grana Padano che «esalta il sapore del carciofo gratinato» o al brodo freddo di cioccolato, che accompagna le sfoglie di latte. «Il limite – spiega – sta nel vederlo come un elemento separato dal piatto o al massimo come qualcosa da aggiungere, mai come un elemento complementare. Dobbiamo invece partire dalle sue qualità aromatizzanti per riconsiderarlo in combinazione ai piatti come accade nella cultura orientale».
Lavorando su affinità e contrasti, il brodo di Berton recita sempre un ruolo da protagonista. «I brodi – scrive lo chef su Pantagruel – sono sempre contraddistinti da due comuni denominatori: l’ingrediente e l’estrazione. A mio parere, per un risultato ottimale, il segreto è sempre lo stesso: scegliere con cura la materia prima e prestare particolare attenzione all’estrazione. Un brodo gustoso deve assorbire tutto il sapore dell’ingrediente principale. Solo così può davvero arricchire il piatto». Ma quali ingredienti scegliere? Qui vale il detto: tutto fa brodo.