Il liquore
Da sempre amato all’estero e insostituibile in tantissimi cocktail – Manhattan e Negroni i più noti – in Italia il vermouth rivive una seconda giovinezza. In abbinamento o no, liscio o mixato, usato perfino in cucina, il misterioso fascino delle sue origini sta conquistando i giovani. Il produttore guru del momento è il romagnolo Baldo Baldinini. Prima di diventare liquorista era un “naso”, un profumiere un po’ alchimista, amante della musica e dei buoni piatti.
Ascoltiamo: «Per me il linguaggio degli aromi è come quello musicale. Sono io che riempio il pentagramma con l’unione di diverse note che creano una sinfonia. A volte si può avvertire un sentore di rose o floreale senza quelle specifiche botaniche ma come frutto di una sommatoria di passaggi di note». Unendo olfatto a palato, il profumiere ha «iniziato a fare vermouth e vini aromatizzati, senza dimenticare i segreti appresi nel corso degli anni». Altri produttori sono in Sicilia, con l’Etna Bitter che ha chiari sentori di zagara, mandorla e erbe aromatiche. A Modena dove la storica acetaia Giusti fa invecchiare il vermouth in antiche barriques di aceto. In Puglia, a Borgo Egnazia, con l’aggiunta al vino della Valle d’Itria di spezie locali.
I produttori
Non è quindi solo made in Piemonte il vermouth, anche se è ormai deciso per le 18 aziende produttrici della regione il riconoscimento europeo IG (indicazione geografica), partendo dalla prima ricetta codificata a Torino dalla Carpano del 1786. È invece precedente il documento di un farmacista toscano del 1773. Lo cita Giustino Ballato nel Grande libro del Vermouth e dei liquori italiani (195 pagine, 35 euro, Edt 2019) che racconta tutto quello che c’è da sapere (persino come coltivare le erbe sul balcone di casa per poi fare il vermouth). Ballato inizia dalla parola corretta italiana: “Sarebbe vèrmut, ma per la maggiore va l’elegante grafia alla francese, vermouth“. “Scartabellando qua e là tra testi storici e antiche etichette – aggiunge – ci si imbatte nel piemontese vèrmot o nel toscano vermutte, oppure ancora in vermuth, wermouth o wermut“.
La melissa
“Quel che sappiamo con relativa certezza – continua Ballato – è che Wermut, in tedesco, significa assenzio“. Oltre alle artemisie – l’assenzio è solo una pianta della famiglia – quali altre erbe e droghe? Le principali sono menta, maggiorana, camomilla, timo, coriandolo, cardosanto, salvia, isoppo, melissa, anice, dittamo, per citarne alcune italiane. Baldinini nel suo straordinario caveau Olfattorio di Poggio Torriana (Rimini) custodisce 30 mila aromi. Cortecce, fiori, bucce, botaniche, vino e lavoro dell’uomo si traducono infine nei prodotti più svariati: secchi o extra dry, dolci o amari, rossi bianchi e rosati, invecchiati. Dal Martini (numero uno per storia e rapporto qualità prezzo), agli straordinari Antonucci, Baravelli, 721. Insomma bottiglie da pochi euro fino a 50-60 in enoteca.
La ricetta delle radici al vermouth dello Chef Domingo Schingaro, ristorante Due camini – Savelletri di Fasano (Brindisi)
Ingredienti
- Carote 2
- Radici di barbabietola 2
- Topinambur 200 g
- Asparagi 12
- Tapioca 100 g
- Vermouth 100 g
- Olio
- Sale
- Zucchero
- Aceto
- Vino bianco
Preparazione
Step 1
Cuocere le carote per 100 minuti coperte di olio a 65°, poi tagliarle e arrostire in padella.
Step 2
Lavare le barbabietole con la buccia, condirle con sale, zucchero, aceto e vino bianco.
Step 3
Chiuderle in una stagnola a insaporire per due giorni, cuocere al forno a 160° per 2 ore coperte di sale.
Step 4
Pulire i topinambur, condirli con olio e sale, cuocere su una teglia con la buccia per 40 minuti a 160° in forno, frullare e ricavare una crema.
Step 5
Cuocere gli asparagi per 2 minuti e poi spadellare con olio e sale.
Step 6
Ridurre il vermouth del 50%, raffreddare, cuocere la tapioca in acqua, scolare e condire con il vermouth.
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