Spuntano come funghi a Roma i bistrot d’autore, i wine bar, le enotavole, insieme a un folklore, tutto a uso del turismo, di tristi “hostarie“. I cari e buoni ristoranti di quartiere, minacciati anche dai bar che scoprono a mezzogiorno l’uso di cucina, faticano a sopravvivere. Una gioiosa resistenza all’insegna del sapore, non esente da un intelligente sforzo di rinnovamento in tema di cotture e di selezione della materia prima, attraversa tuttavia anche molti indirizzi di tradizione.
Sapori forti e di cuore. Basti pensare al bel lavoro svolto a Trastevere, oppure a Monteverde dalla seconda generazione dei titolari di Palmira. Oppure all’Appio Latino, ai tavoli di Roberto e Loretta, o ancora a Trastevere, dal solido e gioioso Enzo al ’29. Con piatti che rispettano la tradizione con materie prime di altissima qualità. Una cucina romanesca che rimane sempre elegante, impossibile resistere.
Ci sono anche gli irriducibili. Provare per credere l’atmosfera di felice contaminazione tra turisti e golosi romani che affollano i pochi tavoli del Cavalier Gino dietro al Parlamento, oppure gli aficionados delle polpette alla griglia di Settimio in via del Pellegrino.
La ricetta del petto di vitello alla fornara di Annibale Mastroddi, Antica Macelleria Annibale – Roma
«La cicoria non c’entra con la ricetta di per sé, ma ci sta benissimo, ripassata, a fianco», spiega ridendo Annibale Mastroddi, guru dei macellai romani con cuore grandissimo e bottega storica in via Ripetta. «Il procedimento del petto di vitello alla fornara – dice – è facile. Ecco come prepararlo».