Una tira l’altra, la ricetta delle olive ascolane della tradizione

Leccornia amata da Rossini, Puccini e Garibaldi (che piantò a Caprera alcune piante della cultivar), oggi è diventato il simbolo del finger food. Prima di friggerle si riempiono con manzo, maiale e pollo tritati possibilmente a mano

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    Carlo Ottaviano
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    “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, diceva Luigi Barzini Jr. Farlo scrivendo di cibo è ancora meglio, aggiungo io dopo 45 anni di lavoro (duro e serio) in tv, quotidiani, mensili e qualche libro pubblicato. Per il Messaggero scrivo anche di economia e attualità.
    Olive ascolane ascolana fritto

    Il piatto

    Giuseppe Garibaldi le aveva scoperte nel 1849 e, a modo suo, provò a unire anche gastronomicamente l’Italia. Piantò a Caprera alcune piante della cultivar Ascolana Tenera, tipica delle provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Teramo (c’è chi le chiama olive Marcuzzo, vista l’origine comune nelle Marche e in Abruzzo). Sono solo 89 i comuni che dal 2005 possono vantare la Dop riferita all’oliva verde da tavola, in salamoia o panata e ripiena. Un frutto che è la base per raggiungere la perfezione della ricetta delle olive ascolane. Solo quella varietà dà un’oliva grossa, ben polputa e col nocciolo piccolo, cioè la giusta dimensione per essere farcita. Proprio l’oliva ripiena e fritta entusiasmò l’Eroe dei due mondi che pretese di farsi spiegare dall’ascolano Candido Augusti Vecchi (uno dei Mille, poi deputato del Regno) la ricetta. I piccoli ulivi trapiantati nell’arcipelago della Maddalena non superarono i tre anni di vita. Non è dato invece conoscere i risultati raggiunti in cucina dal Generale.

    Ghiottoni

    Con maggiore modestia sulle proprie capacità culinarie, Gioacchino Rossini se le faceva spedire a Parigi e così pure Giacomo Puccini durante le tournée. Prima di loro, troviamo riferimenti all’oliva ascolana in Marziale, Catone e nel Satyricon di Petronio Arbitrio (Trimalcione ne era ghiotto). I latini la chiamavano “liva concia”, i greci facevano riferimento al verbo colymbao, nuotare, in riferimento al metodo di conservazione delle olive immerse in salamoia. Ma nessuno degli antichi – né Papa Sisto V che ne era goloso tanto da scriverne nel suo diario – provò il voluttuoso piacere della ripiena fritta. Fu “inventata” a cavallo tra Settecento e Ottocento dai cuochi delle famiglie nobiliari per valorizzare le carni degli allevamenti locali e allo stesso tempo per non sprecare gli avanzi.

    Adesso è uno degli emblemi del finger food italiano, il cibo mangiato con le mani, proprio come una ciliegia: infatti una tira l’altra. «Lo sfrigolio della frittura, il profumo che inizia a diffondersi in cucina, la meraviglia del primo morso. È impossibile resistere e fermarsi solo ad un assaggio», dice Sonia Peronaci che sul web propone la ricetta tradizionale.

    «La regola numero 1 – precisa Pina Sozio, curatrice della guida Street Food del Gambero Rosso – è che le olive vanno snocciolate a mano, per evitare che la polpa si rompa. Mentre il ripieno è composto da uno spezzatino con carni di manzo, maiale, tacchino o pollo (in percentuale minore) tritato rigorosamente a mano. Uovo e parmigiano per amalgamare il tutto e poi un tuffo nell’uovo, nella farina e infine nel pangrattato. C’è chi aggiunge la mortadella per dare una spinta di sapidità, chi la mollica di pane e chi addirittura farcisce le olive direttamente con la carne cruda».

    Le varianti delle olive ascolane

    Tanti gli innovatori. Per esempio, Migliori – assieme a Siamo fritti e al Caffè Lorenz, tra i top del settore ad Ascoli – ha introdotto le varianti al tartufo e al formaggio. Dal punto di vista nutrizionale le olive fritte non sono proprio leggere. Cinque o sei grosse olive equivalgono a circa 250 kcal. Gli ingredienti hanno tante proprietà. Il potere antiossidante e antinfiammatorio delle olive. Il valore proteico delle carni miste, di parmigiano e uovo. I carboidrati apportati dal pangrattato. Insomma, una bomba, ma anche una esplosione di gusto per la quale ogni tanto vale la pena violare le abitudini.

    La ricetta delle olive ascolane della tradizione di Vittorio Mauloni e Alessandro Anelli, Caffè Meletti – Ascoli

    Preparazione

    Step 1

    Denocciolare le olive e riporle in acqua fredda e salata.

    Step 2

    Rosolare la carne nell’olio con sedano, carota e cipolle tagliati.

    Step 3

    Flambare con vino bianco e cuocere. Raffreddare e passare al trita la carne.

    Step 4

    Amalgamare l’impasto con uova, parmigiano, noce moscata e limone grattato.

    Step 5

    Aggiustare di sale e pepe, impastare fino a consistenza compatta.

    Step 6

    A parte sgocciolare le olive. Riempire e modellare con l’impasto.

    Step 7

    Passare le olive ripiene nella farina, nell’uovo ed infine nel pane grattato.

    Step 8

    Friggere le olive in abbondante olio. Asciugare su carta paglia e servire calde.

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