Il buongiorno
Lo sappiamo bene: le stagioni non ci sono più. E che dire allora della scomparsa di cornetti, brioches e dei mitici maritozzi romani con cui coccolarsi prima di iniziare una giornata di lavoro? Tutti i lievitati – ormai catalogati sotto l’indistinto termine francese di croissant – all’origine hanno un comune antenato, il kipferl viennese con le noci, arrivato nel Regno Lombardo-Veneto all’indomani del Congresso di Vienna del 1814. I francesi utilizzano poco zucchero, giusto un pizzico di lievito, farina e acqua. Noi mettiamo nell’impasto molto più lievito, zucchero e anche le uova. Croissant o cornetto, comunque, l’importante è che sia friabile, alveolato, morbido, burroso e con le farciture di qualità.
Burro francese o italiano, farina bio (ora è di moda perfino di canapa) o macinata a pietra, sono dettagli. L’ingrediente principale per farli a regola d’arte è la pazienza del maestro pasticcere. Per esempio, la ricetta di Baptiste Foronda, ventiquattrenne talento francese attivo a Roma, prevede che l’impasto riposi una notte in frigo prima di procedere con l’incasso del burro e la sfogliatura del croissant (tecnicamente tourage).
L’umidità
Solo dopo ben tre pieghe si arriva alla vera e propria foggiatura dei croissant, messi quindi a risposare 12 ore in frigo ed altre ore in camera di levitazione. La lievitazione del pastry chef Valerio Coltellacci (ex Cristalli di Zucchero) ai Santi Sebastiano e Valentino al quartiere Trieste, è mista, aggiungendo nella fase finale al lievito madre il lievito di birra, per sfruttare entrambe le positività.
«Il lievito madre per la durata del prodotto, l’umidità, la morbidezza e soprattutto per gli aromi che riesce a sviluppare, e il lievito di birra che aggiunge forza e spinta in fase finale e in cottura». A proposito di aggiunte, Giorgia Grillo da Nero Vaniglia (Ostiense) arricchisce i lieviti con profumi naturali (infuso di arancio e limone grattati, vaniglia e cannella) bolliti insieme allo zucchero e all’acqua prima di essere spennellati sui cornetti ancora caldi.
Per chiudere il veloce (e assolutamente parziale) giro di Roma a colazione, ecco in centro Coromandel, location dall’aria di una casa anni Sessanta, dove dopo due giorni di lievitazione e uno di sfogliatura a mano, nasce una via di mezzo tra croissant e cornetto.
Il miele
A fronte delle punte di diamante, c’è purtroppo la realtà denunciata tempo fa da Report: cornetti e brioche fatti con la margarina invece del burro, miele che non è miele ma un composto di grassi saturi, farciture in cui il glucosio sostituisce le marmellate. Si tratta quasi sempre di prodotti industriali semilavorati, che i bar comprano surgelati, e poi – messi al forno – sembrano appena sfornati.
A Sigep, la fiera italiana del mangiare fuori casa , i cornetti in confezioni da 100 pezzi costano tra i 20 e i 30 centesimi ciascuno. Vuol dire che l’industria spende per ogni singolo pezzo non più di 10-15 centesimi. A noi costeranno almeno un euro. Teoricamente ogni bar dovrebbe esporre l’elenco degli ingredienti anche dei prodotti industriali, ma in pochi hanno tempo per leggere. E poi, perché avvelenarsi ancor di più la giornata già prima di incontrare il capoufficio o il collega antipatico?