Il pesce
Dici caviale e ti senti un gran signore (visto che un etto costa 180 euro). Parli di bottarga di tonno e ti consideri un gran gourmet. Ma poi resti interdetto se ti offrono il cuore del tonno, la gola e la trippa del merluzzo, le guance della rana pescatrice, la pelle della ricciola o le lische. Nient’altro che scarti, frattaglie – ma come lo sono anche il caviale e la bottarga – da cui estrarre i sapori buoni e veri del mare. Esattamente come da secoli si fa con il quinto quarto di carne, specialmente a Roma. Proprio a Roma vive uno dei capofila in Italia del recupero di ogni parte del pesce. «In primo luogo è una questione etica, di lotta agli sprechi e di valorizzazione delle antiche tradizioni. Fare lo chef vuol dire anche avere coscienza e responsabilità sociale», spiega Giulio Terrinoni, una stella Michelin col suo “Per me” in pieno centro, dietro Via dei Banchi Vecchi.
La cipolla
«Lavorando il pesce – racconta – ho scoperto le similitudini di consistenza e sapore. La rana pescatrice ha la cartilagine della testa uguale a quella del maiale. Lo scorfano è come il pollo, io lo apro a libretto e lo cucino alla diavola. La testa della spigola sembra agnello. Ci sono parti della seppia solitamente scartati identici all’osso buco. E così fegato e uova di seppia li cucino come l’ossobuco alla milanese, con sedano, carota, cipolla e vino bianco».
Originario di Fiuggi, una volta arrivato a Roma, Terrinoni è entrato nel cuore delle tradizioni della città e in 15 anni di studio e ricerca ha innovato alcuni piatti. Famosi la sua carbonara di mare, con la bottarga che sostituisce il guanciale, e la trippa – sì, alla romana – ma con le interiora della rana pescatrice. Con lo stesso pesce (ricetta di oggi) fa la coppa, proprio come si fa con quella tradizionale in norcineria. In menù c’è addirittura un diplomatico dolce con le sfoglie croccanti farcite di fegato di rana pescatrice trasformato in patè con la parte dolce estratta dalla cipolla. «Stiamo lavorando anche sul quinto quarto dei vegetali – annuncia lo chef – non si deve buttare nulla».
Dal Giappone alla Campania, passando per le cucine di grandi chef, anche Fumiko Sakai, del Bikini di Vico Equense punta molto alle frattaglie e all’essenza del mare. Dai francesi ha mutuato il termine “merroir”, il terroir del mare per capire le molteplicità di sapori tra un luogo e un altro. «Nel quinto quarto di pesce – spiega – troviamo proprio le diverse sapidità».
Il limone
Così i grandi chef. Ma a casa? «Per prima cosa – ammonisce Valentina Tepedino, dell’Associazione medicina veterinaria preventiva – bisogna essere certi della freschezza del pesce. Sul tema non ci sono regole igienico sanitarie rigorose, quindi sta a ciascuno di noi stare attenti». Una volta certi della freschezza del pesce, non c’è da scartare nulla, tutto è commestibile. Il fegato della rana pescatrice (dal colore roseo causato dalla dieta a base di crostacei) basta scottarlo appena. Le guance di tutti i pesci sono morbidissime e delicate, quindi attenti alle cotture a fuoco alto. Il cuore dei pesci grossi dopo una salatura di una ventina di giorni diventa un affettato da condire solo col limone. Le teste e le lische sono straordinarie per i brodi e poi da spolpare. Rigorosamente con le mani, suggeriamo noi.