Cristiano Piccirillo, segno nel Leone, trent’anni ad agosto, una laurea in Lettere, esperienze di studio e di lavoro ai quattro angoli del mondo, è il capitano coraggioso che sfida il comune senso del sapore con l’ancestrale pizza fritta napoletana.
La squadra gioca alla grande, con Maurizio Ciurli ad accorciare con garbo le distanze col cliente in sala, e Alessandro Izzo, diploma di liceo classico e una mano come poche felice nella pizza (forno o fritta).
L’ambiente, sobrio, subito accoglie col grande forno, il soffitto a volte, e col profumo caldo di pane, col tocco prezioso di opere di artisti come Ferrigno, Nocera e del californiano Mark Kostabi. «Le nostre pizze hanno un cuore e una storia che si snoda dalla bisnonna Anna, la ‘Masardona’ (figura di collegamento tra i quartieri) fino a mio padre Enzo, un talento e una volontà straordinarie, e quindi oggi a me e a mio fratello Salvatore», spiega Cristiano Piccirillo.
È una storia che parte nel 1945 nella Napoli liberata da un carretto da ambulante e che continua oggi in piazza Vittoria, salotto buono della città, prima di proseguire a Roma. «La pizza fritta -prosegue Piccirillo – è un fenomeno di nicchia, non coinvolto dalla globalizzazione della pizza da forno: è verace, solo napoletana, povera e sfiziosissima».