La festa
Roma è anche la capitale italiana della pizza. Per la prima volta è arrivata da Napoli perfino la finale nazionale Top 50 Pizza che ha decretato i nomi delle migliori pizzerie dello Stivale.
Il fenomeno
«Roma», afferma Luciano Pignataro, ideatore dell’evento assieme a Barbara Guerra e Albert Sapere, «ormai da diversi anni mostra una straordinaria vivacità sul versante pizza. Qui si avverte un fermento unico, qui troviamo una vera e propria community di appassionati».
«Qui», spiega ancora, «è diventata un’ossessione positiva ricercare i piccoli produttori alimentari, valorizzare i mercatini, esaltare i prodotti naturali». Filosofia che spiega perché è sbagliato definire banalmente gourmet il nuovo rinascimento delle pizzerie.
«È un errore della critica ufficiale gastronomica», sentenzia, «che ha trattato il fenomeno pizza come appendice della ristorazione. Ma generalmente il pizzaiolo non ha studiato, non se la tira come certi chef. La pizza è popolare anche nelle sue massime espressioni; nelle pizzerie vanno le famiglie. Non esiste la pizza gourmet, piuttosto esiste la pizza che comincia a entrare negli ambienti importanti, negli alberghi internazionali, perché ai ricchi piacciono le cose semplici».
La pizza ha sicuramente in più il valore aggiunto della storia. Basti, a dimostrazione, la grande eco mediatica mondiale due settimane fa per la scoperta a Pompei dell’affresco che dimostrerebbe la primogenitura della margherita (contesa tra tanti Paesi a differenze degli spaghetti “inventati” sicuramente da cinesi o italiani).
«Non basta», scrive Luca Cesari in Storia della pizza (il Saggiatore, 348 pagine, 19 euro) da poco in libreria, «che la pizza di oggi sia buona e nemmeno che lo fosse quella di vent’anni fa.… Come se le sue origini, la costanza con cui è stata prodotta nei secoli e il legame con il territorio fossero parte integrante dell’impasto stesso, una sorta di ingrediente aggiunto che si percepisce a ogni morso».
Le tendenze
Ovviamente anche la pizza non è immutabile, anzi vive (e subisce) gusti e umori dell’epoca. «In questa estate 2023», prevede Pignataro, «si conferma il successo della pizza vegetale con la novità degli inserimenti sempre più marcati del pesce. Ma come si usa adesso: non alici, come da tradizione, ma pesci e crostacei crudi, tipo gamberetti, con la preferenza dei gobbetti».
Cambia anche l’uso delle salse, che spesso diventano vere creme, come quella alla parmigiana proposta qui dal romano Pier Daniele Seu. «Una volta stesa la nostra pizza», suggerisce, «mettete un velo di pomodoro, le melanzane cotte al forno (condite e tagliate a losanga, 8 minuti a 250°), la mozzarella, la provola affumicata e infornate. In uscita, terminate con la crema di parmigiana, una grattugiata generosa di parmigiano e basilico».
Trucchi come questo sono stati svelati durante la Pizza Roma Week, evento diffuso organizzato con il Comune di Roma, quando in oltre 40 locali si sono tenute cene a quattro mani con chef stellati, jam session con pizzaioli di altre regioni, esibizioni di pizza acrobatica, abbinamenti con vini e birre, concerti, live painting. Un viaggio nel gusto per scoprire le tendenze e gli abbinamenti più audaci.