Il condimento
«Ma come si fa, belàn, a proporlo senza aglio?», s’infervora Gianni Bruzzone, mitico patron di Bacciccin du Caru, piccola osteria dal 1890 arrampicata sulle falde del Turchino, meta di pellegrinaggi gourmet. La materia del contendere è il pesto che «per colpa dei foresti che calano in Riviera adesso lo propongono al ristorante e nei negozi sempre di più nella versione
senz’aglio. Una vera bestemmia!».
D’altra parte nel suo locale la sorella Rosella, chef di grande mano e sensibilità, il pesto lo prepara a mano nel mortaio di pietra e col pestello di legno. «Il segreto è tutto negli ingredienti -spiega – l’elegante basilico di Prà (pochi chilometri a Ponente di Genova, eccezionale per finezza), aglio di Vessalico(nell’entroterra di Albenga, un sapore lungo e persistente), Pecorino sardo, pinoli italiani, olio extra vergine da olive Taggiasche. L’uso del
mortaio esalta tutti gli ingredienti facendo risaltare, senza scaldarlo, l’aroma del basilico, con una irripetibile consistenza cremosa».
Il frullatore
Insomma, sul laborioso impiego del mortaio i puristi non transigono, anche se nella maggior parte delle case genovesi l’uso intelligente del frullatore è stato portato a livelli di grandissima piacevolezza di risultati. «Per noi genovesi il pesto è un sapore identitario
che attraversa generazioni e classi sociali: si può consumare nelle piccole osterie dei carruggi, ma non manca mai anche alla nostra tavola soci», spiega l’avvocato Eugenio Segalerba, vice presidente del Tunnel, elitario Club per Gentiluomini.
D’altra parte anche se il pesto ha origini medioevali come cibo popolare a partire da una salsa d’aglio, solo nel XIX secolo ne comparve la sua prima codificazione conosciuta in un volume, La Cuciniera Genovese di G.B. Ratto, dove la ricetta, definita “battuto alla genovese” presenta tante possibili variazioni: prezzemolo e maggiorana al posto del basilico,
il formaggio Olandese unito al Parmigiano. Per non parlare oggi delle querelle sulla migliore
pasta da usare: trofie, trenette, piccagge (delle specie di tagliatelle arrotolate), gnocchetti, compresa la variazione che prevede l’uso della farina di castagne.
Altre versioni del pesto
Inutile dire che il pesto ha anche molto viaggiato. Senza andare lontani, la sua versione provenzale, la soupe au pistou è molto gustosa e si scosta dall’originale solo per l’assenza dei pinoli (come in Liguria quando si accompagna al minestrone) e, in generale, del formaggio, mentre nel pesto di Trapani entrano in gioco le mandorle e i pomodori. «Per i romani
che lo volessero fare a casa spiega Paolo Borzatta, gourmet e produttore del più premiato extravergine italiano – il trucco sta tutto nell’alzare i toni, visto che il basilico qui è molto più mentolato: Pecorino, sempre! e olio di Canino, tosto e amarognolo per fare un pesto diverso e gagliardo».
La ricetta del minestrone alla genovese dello Chef Luca Bazzano, Quintilio – Altare (SV)
Ingredienti
- Piselli
- Patate
- Zucca
- Zucchine
- Fagiolini
- Melanzane
- Cavolo cappuccio
- Fagioli
- Aglio
- Carota
- Cipolla
- Sedano
- Prezzemolo
- Olio EVO
- Pasta a scelta
- Sale
- Pesto genovese
Preparazione
Step 1
Tagliate le verdure a tocchetti piccoli e gettateli in una pentola coprendo con acqua (per un chilo di verdure calcolate due litri
scarsi).
Step 2
Si comincia a fuoco vivo, poi si copre e si lascia a sobbollire, mescolando per evitare che attacchi.
Step 3
A metà cottura si mettono olio, sale grosso e due croste di
Parmigiano.
Step 4
Alla fine si schiacciano con un mestolo patate e fagioli per addensare.
Step 5
Aggiungere pochissima pasta.
Step 6
Il pesto va messo fuori dal fuoco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA