La specialità
Col bel tempo – a casa e nei ristoranti – è prepotente la voglia di pesce. Per aprire la stagione scegliamo allora uno dei più buoni (e tra i più brutti): il pesce San Pietro o sanpietro. Purtroppo, anche tra i più cari, ma ne vale la pena: oltre che per il gusto, perché è molto magro. Solo 1,4 grammi di grassi con un apporto calorico di 89 kcal ogni 100 grammi. «Se si sceglie un pesce del genere – spiega Umberto de Martino, chef napoletano con Stella Michelin in Lombardia – è perché si vuole la garanzia che non sia allevato, al contrario di rombo, branzino, orate». Nel comprarlo osservate con attenzione che ci sia la macchia nera circolare sui fianchi. I vecchi pescatori amano dire che è l’impronta lasciata da san Pietro nel prenderlo dalla rete.
L’occhio del pesce San Pietro
In verità – secondo gli esperti di ittiologia – la natura avrebbe creato una specie di grande occhio sul fianco per spaventare i predatori. In pescheria quel circolo nero sulla pancia ci dice che il pesce è stato pescato nelle vicine coste del Tirreno e dell’Adriatico. Se non c’è – ma il pesce è identico per tutto il resto – è arrivato già congelato dagli oceani Pacifico, Atlantico o Indiano.
La scheda sul San Pietro dell’utile “Pesce. La piccola pesca e la sua cucina” (Slowfood Editore), precisa che «detto anche pesce gallo e pesce cetra, è un esponente della famiglia Zeidae. Il corpo, ovale e compresso, è ricoperto di squame di colore grigio scuro. La bocca è obliqua, capace di risucchiare velocemente i pesciolini, le seppie e i piccoli crostacei di cui si nutre. Nonostante la fisionomia poco accattivante, ha carni di ottima qualità, sode e saporite; l’unico inconveniente è lo scarto molto atto».
«È vero, ha una carne coriacea che al dente rimane compatta», conferma Umberto De Martino, anche in libreria col suo libro di cucina e di vita (lasciò Sorrento – racconta – con appena 5 mila lire in tasca e ora è un cuoco super premiato). Nel volume che per titolo ha il suo stesso nome (Multiverso Editore), propone molti spunti come la ricetta di oggi.
Il guazzetto
Secondo lo chef campano, il modo classico per cucinarlo è ai finocchi e Pernod. Solitamente si fa in guazzetto con un buon sughetto. «Per due – spiega – va bene un pesce da 6-700 grammi da fare intero. Se invece si vuole sfilettarlo, più è grosso, meglio è».
«In questo periodo – aggiunge – amo molto anche la gallinella, il rombo (pescato, non di allevamento), lo scorfano». Molti altri importanti chef amano cucinare il San Pietro. Martina Caruso, stellata al Signum di Salina, lo scotta al barbecue e lo serve con ricotta, cetriolo, finocchietto di mare e acqua di capperi. La star (ai fornelli e in tv) Tonino Canavacciuolo lo serve in crosta. Il bistellato marchigiano Moreno Cedroni ne fa spiedini con asparagi e insalatina alla senape. Un classico è il sanpietro alla Carlina, dal nome della figlia del mitico Giuseppe Cipriani dell’Harry’s Bar di Venezia, che lo cucinava come fosse uno scampo. Insomma, è molto versatile, facile da fare come una sogliola o un rombo, ma adatto a zuppe nostrane o bouillabaisse alla provenzale.
La ricetta del pesce San Pietro chiodato ai ferri con scarola ripiena e brodo di vongole veraci dello Chef Stellato Umberto De Martino
Ingredienti
- Pesce San Pietro 2,5 kg.
- Olive taggiasche 200 g.
- Pinoli 50 g.
- Acciughe 3
- Scarola 1
- Vongole 1 kg.
- Sale grosso
- Sale
- Olio EVO
- Pepe
Preparazione
Step 1
Condire i filetti, poi arrostirli da un lato e cottura in forno a 170 °C.
Step 2
Sminuzzare olive, acciughe e pinoli.
Step 3
Sbianchire la scarola, asciugarla, sfogliarla e stenderne 3 foglie sul tavolo.
Step 4
Farcire con la tapenade (tritato di olive, acciughe, pinoli) e chiudere ad involtino.
Step 5
Mettere le vongole pulite con un filo d’olio in un tegame coperto e cuocere a fiamma viva fino all’apertura.
Step 6
Filtrare il liquido di cottura e sgusciare le vongole.
Step 7
In un piatto mettere il filetto, posizionare sopra la scarola ripiena e 5 vongole. Colare il brodo di vongole.
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