Il piatto
Non è solo il nome – Pasqualina – a fare della torta salata originaria di Genova il piatto più noto delle imminenti festività. Piuttosto è tutta la simbologia che porta con sé, a partire dal numero delle sottilissime sfoglie della ricetta originaria di due secoli fa: 33, quanti gli anni di Cristo. E poi c’è l’uovo in bella vista, simbolo di rinascita e resurrezione.
Oggi la complicata e lunga preparazione è semplificata, tanto che perfino l’Accademia Italiana della Cucina – la Cassazione della tradizione gastronomica – riduce gli strati (comunque una ventina). «Dopo averne steso una dozzina – spiega – stendere nella teglia le bietole, un po’ d’olio e poi coprire con la quagliata. Utilizzando il dorso di un cucchiaio ricavare da otto a dodici nicchie nelle quali adagiare un po’ d’olio, un po’ di parmigiano, una nuvoletta di pepe bianco e un uovo intero.
A questo punto proseguire a stendere le sfoglie (da otto a dodici), oliandole sempre bene: usando una cannuccia, soffiare di tanto in tanto in modo da gonfiare le sfoglie e aiutarle a stare distaccate l’una dall’altra. Terminata l’operazione, tagliare i lembi della torta e arricciare le sfoglie formando un bordo tutto intorno alla torta stessa. Mettere in un forno ben caldo per almeno quarantacinque minuti, pungendo di tanto in tanto la crosta superiore per evitare che scoppi».
Il ripieno
Come vedete è un vero rito, più che una ricetta. Oggi non si usa più la cagliata (la “prescinseua” di Genova, incrocio acidulo tra yogurt e ricotta), ma la ricotta. All’interno, allora come ora, carciofi, bietole, altre verdure e le immancabili uova sode. Finalmente alleggerita, adesso viene anche esteticamente modificata, come fa – per esempio – Sara Zampini, una delle blogger più attive del gruppo di iFood.
«La mia Pasqualina – spiega – è a forma di corona e preparata con la pasta sfoglia pronta, in modo da velocizzare un po’ i passaggi e renderla fattibile anche a chi ha poco tempo. Oltre ad essere molto semplice da preparare e buonissima, è davvero bella a vedersi e quindi perfetta da preparare per pranzi e buffet e da utilizzare come centro tavola, magari abbellita da uova colorate o decorate».
Le trasformazioni
Tra i grandi chef c’è anche chi la trasforma in piatto gourmet.
Lo chef Claudio Vicina ha lanciato l’idea dell’Uovo di Pasqua in raviolo con carciofi, erbette e ricotta sairass: in pratica, un grande raviolo con il ripieno e il tuorlo appoggiato sopra.
«La differenza con la torta Pasqualina – spiega lo chef, 1 stella Michelin – è in due elementi: la consistenza dell’uovo è lasciato morbido, mentre nella versione tradizionale è sodo; e poi, al posto della tradizionale pasta sfoglia che avvolge la Pasqualina, utilizzo per il raviolo la pasta all’uovo degli agnolotti».
Tradizione e memoria, nelle feste sono comunque d’obbligo. Ecco così le “sorelle” della Pasqualina genovese: in Val d’Aosta si aggiungono anche lardo, salame o salsiccia; in Emilia c’è l’erbazzone, però con pasta brisée lavorata con lo strutto; al centro Italia, la pizza di Pasqua in Umbria e la crescia nelle Marche sono dei lievitati a forma di panettone con abbondante pecorino. Al Sud impera lo strepitoso casatiello napoletano. Quasi tutti hanno una declinazione che può trasformarli in golosi dolci. Ma qualunque sia la vostra preferenza, buona Pasqua in cucina.