La spezia
Nasce con lo zafferano il manifesto della cucina moderna tricolore. Luogo di nascita, Milano. Protagonista, Gualtiero Marchesi, primo chef italiano a guadagnare nel 1985 le “tre stelle” della Guida Michelin. Anno di nascita del mitico “risotto con la foglia d’oro”, 1981. Il punto di partenza dello chef fu un piatto totem, il risott giald, il risotto giallo, conosciuto da tutti come risotto alla milanese. Il piatto di Marchesi nacque dalla geniale sovrapposizione di alcune invenzioni sia di presentazione che di tecnica di cucina. In un piatto rotondo dal bordo nero, il risotto, tutto vestito del giallo prezioso dello zafferano, presentava così al suo centro una “scandalosa” foglia d’oro. In aggiunta, lo chef decise di eliminare il midollo di bue, sostituito dall’oro, e il brodo sostituito dall’acqua. Ma soprattutto di rinunciare alle tradizionali fasi di preparazione del soffritto e della sfumatura col vino, in favore del burro acidificato nella fase finale di mantecazione. Col risultato che il piatto rappresentò, e ancora rappresenta, un capolavoro visivo e concettuale che colloca al suo centro lo zaffera a pienezza del suo sapore.
La storia dello zafferano
Già noto nell’antichità, lo zafferano fu sempre considerato spezia preziosa, farmaco, tintura per le stoffe, aroma e sapore prezioso in cucina. Coltivato in Asia Minore fin dal secondo millennio prima di Cristo, apprezzato nella cucina dei romani, lo zafferano penetrò in Spagna grazie agli arabi. In Italia arrivò in Sardegna con i Fenici, mentre nel XIII secolo, grazie a un domenicano della famiglia Santucci, i preziosi bulbi di croco sativo, la pianta dello zafferano, furono portati in Abruzzo, diventando nel tempo il simbolo gastronomico del colle di Navelli.
«Lo zafferano è davvero un oro gastronomico» spiega Maria Elena Roscioli, dell’omonimo bistrot gourmet romano. «D’altra parte, basti pensare che le parti che si impiegano del fiore viola del croco sono gli stimmi centrali. Ce ne sono solo tre, e occorrono più o meno duecentomila fiori raccolti a mano di primo mattino per avere un chilo di zafferano. Il discorso si fa invece più complesso sui prodotti. Gli stimmi, in genere, sono il massimo, ma anche la polvere è ottima. Basta selezionare con cura il produttore, perché le frodi sono sempre in agguato dato il valore del prodotto».
Timballi e budini
Intorno allo zafferano si può anche fare un giro del mondo. Si parte dall’India col tipico curry (di cui lo zafferano è uno dei componenti), e si continua in Iran, massimo produttore mondiale e leader di qualità, celebre per piatti come il tahchin (timballo di riso e pollo) e lo sholezard, un colorato budino di riso. Si prosegue in Spagna, altro Paese produttore, per
gustare la paella, e quindi a Marsiglia per la bouillabaisse, iconica zuppa di pesce. E l’ingrediente ritorna anche nel brodetto di Porto Recanati nelle Marche e, nello scapece di
Vasto in Abruzzo. E ancora, a Città della Pieve, patria di Piero Perugino, maestro di Raffaello che impiegava lo zafferano per ravvivare gli ori e i gialli dei suoi dipinti, va gustato il tortino di riso pecorino e piselli selvatici. Mentre in Sardegna, si può spaziare dalla trippa cagliaritana alle dolci gallettinas.
Ma lo zafferano ha anche un valore politico. Al tempo della presenza militare di pace italiana in Afghanistan il Provincial Reconstruction Team di Herat attivò un progetto per diffondere la cultura dello zafferano, in alternativa all’oppio: in altre parole, una spezia “buona” per prosciugare l’acqua dove nuota il pesce dei grandi narcotrafficanti.