L’alimento
Ma chi lo ha mai detto che un tour gourmet non possa cominciare tra le austere stanze di un museo? E invece succede così con Bologna. Attraversato il chiostro spettacolare di Palazzo Galvani, sede del Museo Civico Archeologico, chi si addentra fra le sale si imbatte
in due stele romane del I secolo che raffigurano un porcaio col suo branco di maiali e un mortaio, in latino mortarium, dal cui nome deriverebbe la parola mortadella (che per alcuni avrebbe origine invece da un antico salume romano, il “farcium myrtatum”, caratterizzato dall’impiego del mirto come conservante-aromatizzante).
A distanza di due millenni, il museo vivente in città si chiama invece Simoni e si trova nei vicoletti del centro storico bolognese: spalle e guanciale come base, cottura a vapore secco di
stufa per 20 ore e, a seguire, insaccatura in pelle naturale e legatura a mano per un prodotto di altissima artigianalità e straordinario sapore.
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La vocazione
In alternativa, a due passi da piazza Maggiore, c’è Pigro dal 2013 Mortadelleria dove il salume è accompagnato da un calice di bollicine, così non si rischia di fare la fine di Gordon Pym, il personaggio di E.A. Poe che, imbarcato verso i mari del Sud, soffrì una sete atroce perché aveva mangiato troppa mortadella. Insomma, cibo oggi di vocazione “pop”, certo,
anche se in antico pensato per palati aristocratici, tanto da essere molto imitato già in tempi remoti, tanto che già nel 1661 il cardinale Farnese fu costretto a prescrivere con un bando ai “salaroli” una sorta di doc ante litteram, con le giuste proporzioni e parti del maiale da impiegare per un prodotto conforme alla tradizione.
L’Unione Europea ci sarebbe arrivata per parte sua solo nel 1998 con l’iscrizione del salume
di Bologna al marchio IGP, decretando l’indissolubile legame tra Mortadella e città felsinea. Un legame che è entrato anche nella metafora politica. Ne sa qualcosa Romano Prodi, associato al nomignolo Mortadella, con grande divertimento dell’uomo politico, fiero di questo aggancio goliardico con la sua città.
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L’abbinamento
«Avrà anche origini aristocratiche, ma da noi a Roma la mortadella, anzi, la Mortazza, è cibo
pop per eccellenza: street food, prima colazione, pranzo, in indispensabile abbinamento, però, con la pizza bianca, che sembra nata per valorizzarla», precisa Alessandro Roscioli, anima e patron del Roscioli, gastro-bistrot e salumeria chic alle spalle di Campo dei Fiori.
Senza scomodare d’altronde il celebre film La Mortadella del 1971 di Mario Monicelli, dove l’iconico salume viene bloccato alla dogana di New York insieme a Sofia Loren, basti ricordare
la scena di Se Dio vuole di Edoardo Falcone, dove i protagonisti Marco Gaslini e Alessandro
Gassmann approdano a un’amicizia vera e senza fronzoli davanti a pizza e Mortazza. I grandi chef si sono invece divertiti a portare la mortadella nelle stanze della cucina “alta”. Ci hanno pensato ad esempio Massimo Bottura, con una spuma sifonata da servire come spuntino con tigelle o crescentine, e col romano Marco Martini che, per simulare il sapore della pizza bianca la prepara in un incredibile brodo da abbinare a tortelli croccanti di mortadella, da gustare con una birretta, tanto per stare al gioco.