Lungo un pannello ci sono i vecchi cari cartelloni in latta che reclamizzavano i gelati, dal cornetto al ghiacciolo, fino al Motterone. Poco più in là, i manifesti che raccontano le proprietà benefiche dello sprizzetto a cavallo tra gli anni Cinquanta e Settanta con splendidi disegni d’autore. E poi, le diverse forme di confezioni nella pasta, e la loro evoluzione nel tempo.
I celebri vasetti, di tutte le forme della Nutella che poi sono – giocoforza – entrati a far parte del servizio di casa. E non mancano nemmeno le pubblicità. Quella di Nino Manfredi che solo chi ha una mezza età può ricordare: Più lo mandi giù, più ti tira su» che ai più maliziosi faceva pensare a ben altro che ad un caffè. All’M9, il Museo del Novecento di Mestre c’è la nostra storia, la storia del nostro Paese attraverso un tema popolare che qui viene declinato secondo più riflessioni: il gusto che – si badi bene – non vuol dire cucina o materia da gastrofighetti, ma storia del costume e del suo vivere quotidiano e nella sua evoluzione nel tempo.
QUADRO GENERALE
È stata presentata la mostra Gusto! Gli Italiani a tavola 1970-2050 (per informazioni m9museum) con tutta l’intenzione quindi di riflettere sul passato offrendo uno sguardo sul futuro e sulle colture idroaeroponiche dell’alimentazione. È nata così una operazione alta che, curata da Massimo Montanari e Laura Lazzaroni, con la supervisione dello staff del Museo guidata dal direttore scientifico Luca Molinari e dal presidente di Fondazione Venezia, Michele Bugliesi, accompagna il visitatore in un viaggio lungo ottant’anni, tra ieri, oggi e domani.
Abbiamo voluto costruire un percorso – hanno detto Montanari e Lazzaroni – basato su stanze che raccontano il gusto attraverso il paesaggio agricolo, la biodiversità, la cucina di casa, i ristoranti, i mercati, gli chef, le tavolate e il cibo di strada, fino al design che condiziona gli oggetti che usiamo in cucina per arrivare alle influenze legate al flussi migratori; al mondo dell’ambiente e alla sua tutela Questa mostra è uno slancio ideale, una dichiarazione di amore e un luogo di confronto, di dialogo, di nostalgia e di memoria».
L’ITINERARIO
Un percorso che, pur partendo dalle figure di Bartolomeo Scappi, il più importante cuoco del Rinascimento e di Pellegrino Artusi con il celebre manuale del 1891, permette di riflettere sul gusto italiano: dal lessico (soffritto, butto la pasta; al dente) all’inventario dei ricettari di casa (e qui tutti possono collaborare con la propria); con il design dai mille e uno oggetti iconici attraverso verbi diversi: grattugiare, condire, stappare, fare il caffè, farsi un bicchiere e via di questo passo. E se questi sono i gesti del gusto domestico altra riflessione appartiene a quello fuori casa, alla cucina di ristoranti e trattorie, ma anche alle feste di partito (quelle dell’Unità, quelle della Lega), le sagre, le ricorrenze religiose e le scampagnate fuori porta. E non potevano mancare nemmeno in rassegna gli indimenticabili Piatti del Buon Ricordo che abbellivano le case degli italiani come trofei. Ovviamente non c’è solo la memorialistica, ma anche per la riflessione come la sezione dedicata all’industria alimentare, con la trasformazione dei prodotti, anche sotto la spinta della grafica.
NOI E GLI ALTRI
E in questa rassegna non poteva mancare nemmeno una sezione dedicata a come ci vedono gli altri con una serie di pubblicità straniere (che fanno venire la pelle d’oca per come ci dipingono in cucina…) fino all’esportazione de luxe con marchi cult nel mondo: il panettone, il prosecco. E qui si apre anche il capitolo fake rappresentato da un grande cartellone che parla da solo: in bella evidenza ci sono: (reggetevi forte): il Cacio Cavalo; il Cambozola; il Chapagetti(?!); le Sanremo Penne, i Tortellonis e un Reggianito. Insomma, un po’ in tutto il mondo provano a copiarci.
Infine gli ultimi due capitoli: il primo dedicato al gusto dell’incontro e quindi alla società dei luoghi della ristorazione e quello del futuro per un approccio salutare fino alle tecniche di vertical farm per coltivazioni aeroponiche e al cibo che potremo portare nello spazio. La mostra sarà accompagnata nel tempo anche da una serie di eventi negli spazi del Museo (è stata realizzata una cittadella del cibo) e nel chiostro del Distretto M9 con un coinvolgimento di altre zone di Mestre. Nell’arco dei prossimi sei mesi saranno organizzati incontri, dibattiti, degustazioni a tema secondo un criterio non gastronomico ma identitario: dal gusto del futuro a quello della storia; da quello dell’incontro a quello del viaggio. Forse quello che manca è un pizzico (manco a dirlo) di ironia dove il gusto si prende in giro. Ma si potrà recuperare presto. Basterà invitare Maurizio Crozza con il suo chef Germidisoia.