L’ingrediente: spaghetti con vongole veraci
Per favore, dopo aver letto questo articolo, non svuotate il mare. Perché l’acqua non trattata può causare intossicazioni e comunque è vietato prenderla, proprio come il portar via la sabbia della spiaggia.
Più comodo e sicuro è acquistare a circa 2-3 euro al litro l’acqua microfiltrata a freddo di alcune aziende spagnole (Agua de mar, Lactoduero prelevata dal Mar Cantabrico, quello delle famose e carnose acciughe), scozzesi (Acquamara, dalle profondità dell’Oceano Atlantico), o quella purificata e rivitalizzata proveniente da sorgenti sottomarine in Olanda. Chi vuole prodotti italiani al 100% può ricorrere alla pugliese Steralmar che ha brevettato innovativi sistemi di microbiodepurazione.
I menù di molti ristoranti sono la dimostrazione della nuova tendenza dell’uso gastronomico dell’acqua marina: principalmente nella cottura del pesce, ma anche negli impasti delle farine per il pane (a Roma l’ha fatto Roscioli) e le pizze (il napoletano Guglielmo Vuolo) e perfino nel realizzare originali birre (Tarì di Modica e Birranova di Bari). Tanti anche i barman che la mixano nei cocktail (Donato Marzolla a Ravello, Amalia Santi a Sestri Levante, al Bar Garibaldi di Palermo).
I crostacei
I primi a riscoprire l’acqua di mare sono stati i visionari chef spagnoli. Per Ferran Adrià «il pesce ha così un sapore più deciso, i crostacei sembrano frutti di mare». Joaquín Baeza la ritiene “imprescindibile nel futuro della cucina”. A ruota gli italiani hanno creato vere scuole di pensiero sul tema.
La voglia di stupire non aggiunge però nulla alla storia, avendo solo recuperato gesti comuni dei pescatori liguri, dei marinai campani imbarcati o delle vecchie nonne pugliesi. «Si dice per esempio», spiega Alessandra Cuigoni sul Gambero Rosso, «che la tecnica del ‘bagno maria’ sia stata messa a punto da Marian, sorella di Mosè, o dalla misteriosa alchimista Maria la Giudea. In realtà deriva dall’espressione latina ‘balneum maris’, bagno di mare appunto».
Le olive
In Grecia le olive venivano messe in salamoia nell’acqua di mare, che poi i romani usarono pure per cuocere il cinghiale all’alloro. Oltre 2.500 anni dopo Euripide (sosteneva che “il mare guarisce le malattie dell’uomo”) e oggi c’è la certezza scientifica della sua salubrità. Usata in cucina, permette di ridurre la quantità di sale e fornisce elementi preziosi come calcio, iodio, potassio e magnesio.
Lo iodio
«Sono pugliese», afferma Felice Lo Basso stellato a Milano, «l’acqua di mare è un po’ nel mio DNA. Usarla è davvero incredibile perché non bisogna aggiungere sale e poi perché, essendo ricca di iodio, il sapore e il colore degli ingredienti rimangono integri». «I miei brodi di pesce», racconta il trapanese Agostino d’Angelo, «sono tutti bagnati da acqua di mare.
Negli spaghetti che cucino ‘risottati’, l’amido scaricato dalla pasta assieme al sughetto diventa cremoso, perfettamente amalgamato». E a casa? Di facile uso è la carta imbevuta di acqua di mare, venduta come le salviette rinfrescanti, perfetta per avvolgere il pesce che così mantiene integro il sapore. Di grande effetto è nebulizzarla sulle insalate al posto del sale. Può piacere o no, ma sicuramente susciterà la sorpresa degli ospiti.