Piccante e dolce, fruttato e miscelato, è una delle spezie esotiche più amate in cucina. Il segreto sta nella varietà: da quello di Kerala con la cannella al thailandese con cipolla. Gli chef di tendenza lo usano per creare nuove ricette.
La specialità
In India cresce il Curry Leaves, dalle piccole foglie verdi ovali ricche di note che richiamano gli agrumi freschi. Ecco, dimentichiamolo: il curry che conosciamo noi, non deriva da una pianta. Non è il risultato di essiccazione o polverizzazione di bacche, foglie, frutti, fiori, cortecce, radici, bulbi o erbe. Non è una delle tante spezie sempre più amate e indispensabili in cucina in queste settimane di freddo. Piuttosto è un mix, come ben spiega “Spezie. Basi preparazioni ricette”, vero e proprio abbecedario, in libreria da pochi giorni (Il Cucchiaio d’Argento, 255 pagine, 29 euro). Scopriamo così che di curry ce ne sono più di uno.
Passaggio in India
In India il più famoso è quello del Kerala (semi di finocchio, cannella, chiodi di garofano, cardamomo verde, pepe nero, macis, anice stellato e noce moscata). Il curry di Madras in più ha coriandolo, semi di cumino, fieno greco, senape nera, zenzero, curcuma, aglio in polvere e, a renderlo più piccante, pimento, peperoncino, paprica forte. Non ha l’anice stellato e la noce moscata. Ancora differente il curry verde thailandese.
Semi e grani
I suoi ingredienti sono cipolla e aglio in polvere, semi di cumino, coriandolo, lemon grass e lime kafir essiccati, pepe bianco, pasta di gamberetti e sale. In Europa gli inglesi, forti della loro storia imperiale, hanno creato un curry dalla piccantezza più abbordabile: semi di cumino, coriandolo, fieno greco, pepe nero in grani, peperoncino in polvere, curcuma, zenzero.
Basta già il solo esempio del curry, per capire che «un libro sulle spezie – scrive Tatjana Pauli – è un invito a viaggiare, una finestra aperta sulle tradizioni gastronomiche di tutto il mondo. È un punto di incontro tra culture diverse, da cui scaturiscono contaminazioni che arricchiscono la gamma di aromi presenti nei nostri piatti».
Lo sanno bene gli chef di tendenza, come il giovane executive al Pellico 3 di Milano, Guido Paternollo, che prima di venire catturato dalla cucina si era laureato in ingegneria. «Amo le spezie – afferma – perché sono in grado di rievocare ricordi e trovo che abbiano la forza, se abbinate correttamente, di esaltare il gusto delle materie prime». Una sua “invenzione” è la salsa al curry per il granciporro, una varietà di grossi granchi. «Volendo – spiega – è realizzabile anche con e per altri crostacei».
Il menù
La salsa che propone viene completata passandola al passaverdure e successivamente al colino fine. Il suo piatto completo (col cavolfiore e il caviale siberiano) è stato apprezzatissimo nel menù del suo ristorante in Galleria.
Le miscele di spezie, come il curry, si trovano in commercio già pronte, «ma può essere un piacere – confessa Pauli – assemblare e pestare in un mortaio il mix desiderato, personalizzandolo con l’aggiunta di un ingrediente o sostituendo una spezia poco gradita con una più vicina al nostro gusto». «Senza dimenticare – raccomanda – le erbe aromatiche del Mediterraneo che hanno funzione di insaporitori». Alloro, rosmarino, maggiorana le più note, ma anche aglio. «Un bulbo – afferma Pauli – che anche se in Italia viene utilizzato per lo più fresco, può essere essiccato e ridotto i petali, in granuli o in polvere».