I romani maneggiano con disinvoltura ormai da anni le bacchette, e fanno volentieri ogni tanto un torto all’amato piatto di amatriciana per sushi e tempure. In fondo si deve molto anche ai giapponesi la penetrazione del gusto per il pesce crudo. Senza contare che il turismo che proviene dal Sol Levante, storico o intorno alle grandi griffes, ha prodotto una crescita virtuosa anche della ristorazione giapponese in città, stimolata da una committenza che conosce davvero piatti e ricette.
Morale: lungo le vie della Capitale, senza contare i locali di oriental fusion, Somoa Trastevere per tutti, non mancano davvero i buoni indirizzi.
Gli amanti del fashion non devono perdere le atmosfere colorate con la grande cucina a vista di Zuma nel cuore di Palazzo Fendi. Ma possono anche sbizzarrirsi a provare la cucina di casa, tradizionalissima di Shiroya a Campo dei Fiori.
O ancora, a due passi dalla stazione si può godere del giardino sereno e tranquillo di Doozo, che è anche bookshop e galleria d’arte. Oppure si può gustare da MaMa-Ya, la versione moderna e salutista, senza glutammato né additivi, dei tradizionali Ramen.
La ricetta del kakuni di Annibale Mastroddi, Antica Macelleria Annibale – Roma
«Questo è un agrodolce sfizioso giapponese» spiega Annibale Mastroddi, guru dei macellai romani veraci con bottega in via di Ripetta. Ecco come si prepara il kakuni.