La cucina
Pensate che la tempura sia un fritto giapponese di verdure? Giusto, e anche sbagliato. Nel Seicento la inventarono i cuochi nippo-europei al servizio dei missionari cattolici nel paese del Sol Levante. In tempo – in latino tempore, appunto – di Quaresima gli uomini di chiesa non potevano mangiare carne, solo vegetali: ma se fritti e insaporiti, la penitenza diventava perfino gustosa. Quel piatto oggi così alla moda è quindi il frutto di incontri e incroci sin dall’origine del nome. Chi parla complicato preferisce usare la parola contaminazione.
Il dialogo
Contro l’uso del termine “cucina fusion” si è dichiarato Yoji Tokuyoshi, ristoratore a Milano dopo essere stato il secondo di Massimo Bottura a Modena. «lo – spiega – uso ingredienti italiani al 100 per cento che valorizzo attraverso l’arte giapponese». Un esempio è il Sashimi di calamari, lardo e salsa cheviche, col pesce insaporito dal lardo e da una salsa ottenuta con cipolla, sedano, lime, limone e cheviche (realizzata con pezzettini di rombo o branzino). «Sebbene viviamo in un momento in cui il mondo è incline a chiudersi e a vietare, dobbiamo ribadire con forza che la cucina è il frutto di scambio e conoscenza. Di ponti e dialoghi, non muri e sordità», ha detto Paolo Marchi che con Claudio Ceroni è il fondatore dell’evento Identità Golose che si tiene a Milano.
La ricerca
Insomma, intrecci, talvolta inavvertiti e casuali. Per la friulana Antonia Klugmann, giudice di MasterChef nel 2017, essenziale è il confronto con i ragazzi di cucina. «Il mio collaboratore del Ghana – racconta – mi ha insegnato l’uso del cocco. Da Gabriele, che viene dalla Sicilia, ho imparato a usare il cedro». Due chef di Roma – ma non romani di nascita – sono tra le punte di diamante del movimento. Francesco Apreda è nato a Napoli e in India ha imparato i segreti delle spezie, fino a trarne la sapidità per fare a meno del sale (estraendolo anche dalle alghe). Adesso cerca nelle campagne del Lazio nuovi aromi. «Ho perfino trovato – svela – un tizio che coltiva il fungo shiitake in una grotta alla periferia Nord di Roma». Apreda ha creato una polpetta al sugo in cui il ragù napoletano è realizzato con un fondo ricco di spezie che «fa vibrare di nuovi elettroni le spuntatura di maiale».
Brainstorming
S-Foglia è invece il piatto dell’altro “romano”, il colombiano Roy Caceres. Una foglia di broccoletti romani (oppure i “cugini” friarielli a Napoli o le cime di rapa pugliesi) che schiude un raviolo il cui impasto nobilita i popolarissimi vegetali in ingrediente multi-tasking (estratto, farine e polvere). La farcia è interamente ricavata dalla lavorazione della testa di maiale. Il risultato è «un attraversamento felice dal regno vegetale a quello animale». Ma come nasce un piatto del genere? «Quasi sempre – spiega Caceres – i miei piatti nascono dai brainstorming in brigata. Ciò che cerchiamo è la persistenza del ricordo e le infinite possibilità della materia sperimentate attraverso le metamorfosi. Questo è la cucina no?».