A Roma il piacere del fritto non è cosa sulla quale scherzare. Intanto perché molti dei piatti totem passano per l’immenso e in olio bollente. Il catalogo è vasto, spazia da due meraviglie tipiche del Ghetto, carciofo alla giudìa e filetti di baccalà in pastella, ai fiori di zucca e crocchette di bollito. Il fritto non è solo cosa romana, trova opportunità di esplorazione nelle mode di questo secolo, specie con la cucina giapponese che, nel segno del tempura, ha diffuso un verbo dove le note croccanti e l’umorosità della materia prima vanno a braccetto.
Altro capitolo, le tradizioni regionali che qui hanno trovato casa. Come le olive alla ascolana, che nel Ceppo ai Parioli hanno suprema interpretazione. Il catalogo continua con la Sardegna dove il mix di frittelle di formaggio e miele amaro (le seadas) trova magnifica interpretazione da Ai Piani di Via Denza. I fritti di scuola napoletana, dalle pizzelle ai panzerotti, hanno variegata rappresentazione. E torna in auge il supplì, se fatto bene all’antica, come lo propone Arcangelo Dandini.
Residuale è il vecchio fritto di cervello e animelle di abbacchio che la Matricianella continua a proporre in barba alle mode. Mode che rendono testimonianza devota al mare da friggere, che si tratti di semplici alicette o del sublime fritto dove molluschi, crostacei, pesce povero e verdure regalano emozioni perdute.
La ricetta del merluzzo dorato e fritto con pomodorini e olive di Enrico Perri, San Lorenzo – Roma
Il consiglio di Enrico Pierri, vulcanico patron del San Lorenzo, è perentorio: «fatevi un piatto buono, sciuè sciuè, come il merluzzo fritto».