La specialità
Ormai i confini di ogni cosa sono labili. Così è anche per i confetti che, per tradizione e definizione, sarebbero solo mandorle ricoperte di zucchero (gli antichi romani, che per primi lo usarono come dono beneaugurante, usavano però il miele). Il confetto ha resistito nella forma e sostanza duemila anni, giorno più giorno meno, salvo cedere infine alla imperante moda dei cuochi d’artificio che propongono ardite preparazioni, in verità gustosissime.
Pochi mesi fa la Maxtris di Sciasciano (Napoli) è riuscita a coinvolgere notissimi chef. Così la mandorla nelle mani di Ernesto Iaccarino (due macaron al Don Alfonso 1890) è stata tostata e pure salata, poi avvolta da cioccolato bianco al gusto di vaniglia, con note aromatiche di limoni, crunch di meringhe e da un sottile strato di zucchero. Rosanna Marziale (che la stella l’ha conquistata a Caserta, patria della mozzarella campana) nell’impasto ha usato anche il latte di bufala. Giuseppe Molaro, una stella, forte dell’esperienza in Asia con Heinz Beck, ha aromatizzato la preparazione con note orientali di tè Matcha, gusto pungente di tamarindo e con fiocchi di caramello bruciato. Il bistellato Gennarino Esposito è riuscito a dare al piccolo dolce il sapore della sfogliatella napoletana.
Lo schema
«Oggi – ha spiegato – la tecnologia ci permette di immaginare qualsiasi cosa, quindi, stiamo pensando al confetto senza uno schema ben preciso». Normale, quindi, trovare al posto della mandorla noci, nocciole, gocce di liquirizia o sapori – questa è l’ultima novità – che richiamano perfino il gin tonic.
In una tale babele, non potevano non apparire i sommelier dei confetti. I primi sono stati Pierluigi Pizzone e Myriam Giovannini, marito e moglie, che in Umbria hanno brevettato il loro “metodo dulcis” per alternare i diversi confetti a pietanze e bevande durante il pasto. Prima hanno girato in lungo e largo l’Italia alla ricerca di confetterie artigianali, selezionando 80 varietà diverse per gusto, materie prime e metodo di produzione. Un lavoro non facile, considerando che il mercato dei confetti lo scorso anno ha sfiorato i 350 milioni di euro.”
Il museo
La capitale è considerata da sempre Sulmona in Abruzzo, tanto da avere un museo presso l’antica fabbrica Pelino. Ma la mandorla più adatta, da sempre, è la Pizzuta di Avola (coltivata prevalentemente nel territorio di Noto). «Non lo dico per campanilismo – afferma Corrado Assenza, tra i più noti pasticceri italiani al mondo – ma è sicuramente la migliore. È diversa dalla cosiddetta Romana, che è più usata in pasticceria. La natura l’ha inventata proprio per diventare confetto. Ha la forma perfetta per essere ricoperta di zucchero e una dolcezza senza alcuna punta amara».
Attenzione alle imitazioni, però. «Anche la Tuono pugliese, la Ferragnes spagnola, la Nompareil californiana – avverte Assenza – sono oblunghe e facilmente confettabili, ma non sono la stessa cosa. Infatti costano meno perché non hanno gli stessi oli essenziali». «Quando mangi la mandorla di Avola – spiega – in bocca ti si forma quasi una crema. Non così con le mandorle che hanno guscio tenero o sottile e ti danno la sensazione di sabbioso».
La ricetta dei fiori di confetti Christophe Felder, Pâtisserie! – Ore Cultura
Christophe Felder è uno dei maggiori confettieri del mondo. Nel suo libro “Pâtisserie!” (24 Ore Cultura, 880 pagine, 47 euro) tra le 230 ricette di strepitosi dolci c’è anche la ricetta dei Fiori di confetti, qui sintetizzata.