Anatra, piccione, faraona sono da secoli lo spartito nobile del mangiare volatili. Basti pensare che già in Apicio, il gourmet scrittore del tempo imperiale, se ne trovano ricette, di norma complesso con salsa a base di erbe, spezie, miele e aceto. L’anatra all’arancia, in particolare, vanta un divertente contenzioso franco-toscano: dalle parti di Firenze si rivendica che il Canton d’orange sia l’elaborazione d’Oltralpe di una ricetta portata nel ‘500 da Caterina de’ Medici.
In materia, i primi a dare valore gastronomico all’anatra furono i cinesi. Capitolo a parte il foie gras, che a Roma si trova in tutte le boutique gourmet, da Roscioli a Re Caviale nel cuore di Prati (che il fegato lo vende anche fresco per chi se lo voglia gustare in padella). Belle sezioni sul foie gras anche nei menù di Arcangelo Dandini dell’Arcangelo in Prati, così come quello del Simposio, al centro della movida di piazza Cavour.
I gourmet possono trovare tuttavia grandi soddisfazioni dai migliori creativi romani che sulla triade anatra, piccione e sulla più recente faraona sanno come stuzzicare il palato. Il gioco di piccione, perfettamente cotto al rosa, e fegato sono il piccolo capolavoro di Antonello Colonna e del suo Open. L’anatra trova due sue magnifiche interpretazioni al Ceppo, e da Vino e Camino che, dopo avere lasciato Bracciano, ha trovato a Roma grandi stimoli.
La ricetta dell’anatra all’arancia
L’anatra ha un ruolo speciale con una citazione colta dalla tradizione francese. Per Guido Anastasio Pugliese: «il segreto sta nel far prendere colore alle cosce d’anatra in una marmitta per ricavarne il grasso».