La frutta
Chiamatelo come vi pare (cocomero al Centro Sud, anguria al Nord), è comunque il frutto più amato dell’estate. Il più fresco e dissetante (90% di acqua), che sazia e non ingrassa (30 kilo- calorie in 100 grammi). Pablo Neruda gli dedicò perfino un’ode. «Hanno sete la gola, i denti, le labbra e la lingua: vorremmo bere a cateratte, la notte azzurra, il polo, e allora il cielo ci offre il più fresco di tutti i pianeti, lo sferico, supremo e celestiale cocomero. È il frutto della pianta delle sete. È la balena verde dell’estate. L’universo secco d’improvviso cosparso da questo firmamento di freschezza lascia cadere la frutta traboccante: s’aprono i suoi emisferi mostrando una bandiera verde, bianca, scarlatta, che si dissolve in cascata, in zucchero, in delizia!»
L’iniziativa
L’Agro pontino è la capitale del cocomero (Lecce e Battipaglia sono le altre principali zone di produzione). «Abbiamo l’ambizione – dice Claudio Filosa, presidente della cooperativa latina
Ortaggi – di aspirare al riconoscimento del marchio Igp Cocomero Pontino. Vogliamo garantire l’origine territoriale e la qualità del frutto». «Siamo impegnati – aggiunge – a creare il primo panel di assaggiatori di tipo aromatico e sensoriale, come per il vino. Un prodotto di qualità deve assicurare oltre al colore rosso della polpa, l’assenza di cavità e di filamenti interni. Il grado zuccherino (si chiama brix) deve essere di almeno 9/10 gradi percentuali sul totale. Al taglio deve essere sodo, croccante, non deve rilasciare acqua».
Il melone
In zona crescono anche i meloni bianchi e gialli, nelle versioni retato oppure dalla buccia
liscia (il francesino). La novità è l’Honey Moon, «il patanegra dei meloni», conferma Filosa. «Aromatico, ricco di zucchero, sodo, all’interno dal colore arancione vivo perché ricco di vitamina A, all’esterno liscio da sembrare smaltato».
«La geografia del melone è vasta – scrive su Civiltà della Tavola l’accademico della cucina Morello Pecchioli – ma i poponi di Formula 1 nascono in piccoli paesi, proprio come la Ferrari nasce a Maranello. Celebri i meloni di Casteldidone (Cremona), di Sermide, Viadana e Sabbioneta, nel Mantovano. Rinomato il melone di Erbè, paesotto del Basso Veronese».
La scelta
La varietà più comune è il melone Cantalupo (originario della Bassa Sabina nel Lazio). «Sta scomparendo, purtroppo – scrive Pecchioli – il melone zatta, chiamato anche rospa per le verruche sulla buccia. È talmente buono che fu definito “il melone dei papi”. Ne fu ghiotto Paolo II che, si racconta, morì a soli 54 anni, nel 1471, per un’indigestione di meloni».
In Sicilia è stato recuperato (ed è presidio Slow Food) il melone “cartucciaru” di Paceco, che era a rischio estinzione. Raccolto in agosto, è buonissimo fino a Natale. Ampia offerta, quindi, difficile scelta, come diceva Francesco Sforza, primo duca di Milano nel Quattrocento. «Scegliere un buon cavallo, prendere una buona moglie e comperare un buon melone sono le cose difficili da fare nella vita».