La carbonara insieme a gricia, cacio e pepe e amatriciana tiene banco da tempo in tutte le tavole della tradizione. Non a caso, da Sellero e Ventresca, gioiosa trattoria del Tuscolano la carbonara è una maestosa presenza, autentico irrinunciabile del menu, servita come Dio comanda in porzioni non dietetiche.
Detto questo, sul fatto che la carbonara sia ormai consolidato patrimonio culturale della Capitale non c’è ombra di dubbio, senza dimenticare però che le sue origini sono quantomeno oscure. La ricetta non compare mai nei libri di cucina prima degli anni 50, in versioni per giunta molto differenti tra loro. Basti pensare che persino il mitico Carnacina la propone con la panna.
Il punto è che tutte le piste portano agli americani e alle loro mitiche “razioni k” dove erano presenti il bacon e l’uovo in polvere. In questo modo si venne a creare una felice contaminazione tra il tipico sapore del breakfast americano con l’italianissima pasta.
Poi ci ha pensato il tempo a codificare una ricetta romana, non priva tuttavia a sua volta di varianti. Spaghetti o pasta corta? Guanciale o pancetta? Pecorino o Parmigiano? Con tutto il piacere dello chef di decidere la cremosità perfetta.