Per chi è in sovrappeso e da diverso tempo, provare un regime alimentare fai da te potrebbe non servire a nulla. «Gli aspetti metabolici, che sono una conseguenza dell’aumento di peso, hanno alla base risvolti psicologici – ricorda la dietista nutrizionista Monica Germani che in un anno e mezzo ha fatto dimagrire quindici chili alla cantante Noemi – Se si curasse prima l’aspetto emozionale, si eviterebbe di arrivare all’obesità».
Secondo l’Italian Obesity Barometer Report, realizzato dall’Istat, in Italia un maggiorenne su due è sovrappeso, ossia oltre 23 milioni di italiani e il 25% di chi ha dai 3 ai 17 anni. L’obesità, invece, colpisce ben 5 milioni di persone.
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La frustrazione
Nell’arco degli ultimi trent’anni, l’aumento dell’incidenza del sovrappeso è stato del 30% e l’obesità è aumentata del 60%. La prevalenza dell’eccesso ponderale cresce con l’età e il picco si riscontra in entrambi i generi nella classe 65-74 anni (61,1 %). Per l’obesità, le differenze di genere si sono leggermente acuite nel tempo: l’aumento ha riguardato in misura maggiore gli uomini, soprattutto a partire dai 55 anni. Gli esperti però sanno bene che la dieta non è un affare di poco conto. E che la frustrazione di non riuscire a dimagrire può gettare persino nello sconforto.
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«Negli studi si raccomanda sempre la multidisciplinarietà, ma poi attuarla a livello pratico è molto difficile» prosegue Monica Germani ideatrice del protocollo Meta, Medical Education Transform Action, basato su azioni terapeutiche che agiscono su corpo e mente. Lo stesso, appunto, che ha seguito Noemi, anche lei in lotta con un rapporto col cibo non sempre corretto. «Più perdevo il controllo della mia vita – ha dichiarato – più mi sfuggiva anche il mio corpo. Ci ho messo del tempo per comprendere quale fosse la mia nuova direzione e i miei nuovi colori».
Il punto è che «tutti vorrebbero non mangiare più – sottolinea la dottoressa – c’è una sorta di compulsività: mangiano e non riescono a controllarsi. Spesso, poi, nella concezione comune quando si inizia una dieta la si concepisce come una punizione, e non si mangiano più alcune cose. Ma se si fa un passaggio così drastico, non è detto che il corpo e la testa riescano ad accettarlo. E va a finire che poi le persone non sopportano quell’approccio a lungo termine, magari perdono peso, ma poi lo riacquistano, ed entra in gioco il senso di colpa».
La diagnosi
Ecco perché è importante non solo adattare la dieta dopo una valutazione diagnostica, ma anche capire cosa spinge una persona a ricorrere al cibo in modo eccessivo e disordinato. «Serve una psicoterapia educativa e quindi interdisciplinare – prosegue la nutrizionista – tutti i membri della nostra équipe partecipano attivamente al gruppo di educazione del paziente. Lo psicologo, per esempio, gestisce la parte emotiva del cibo. Poi affrontiamo l’educazione alimentare e guidiamo il paziente nel percorso in grado di riequilibrare sia il fisico che la psiche».
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Ma, per riuscirci, bisogna innanzitutto volerlo. E quindi farsi aiutare, senza imporsi ideali da copertina. La dieta deve essere una scelta profonda non un obbligo, a meno che non si abbiamo gravi problemi di salute. «Non seguiamo nessuno stereotipo, non c’è uno standard di peso.
Decidiamo insieme l’obiettivo da raggiungere in base allo stile della persona e alla corporatura, quindi alle percentuali di grasso e di muscolo, al rapporto vita fianchi – chiarisce Germani – Partiamo sempre dalla propria accettazione, e poi cerchiamo di capire quale peso si può raggiungere e quale è più adatto, tenendo conto sempre dello stato di salute di ciascuno.
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Ovviamente, se ci sono parametri alterati, vanno prima ripristinati e poi si procede».
L’aspetto su cui bisogna fare molta attenzione è poi il cibo che si assume fuori dai pasti. Il segreto di una dieta sta infatti nella capacità di gestire meglio i momenti in cui è più facile cadere in tentazione.
Gli stratagemmi
«Ad esempio – suggerisce Germani – se siamo abituati a mangiare tantissimo prima di cena, perché è lo sfogo della nostra giornata, quella situazione va presa di petto, tenendo a bada la compulsività. Si possono anche usare stratagemmi, ricorrendo a cibi meno calorici, o riducendo le porzioni, ma senza punirsi».
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