C’è chi compra i prodotti senza leggere l’etichetta, e c’è invece chi controlla sempre la data di scadenza. Eppure, quasi sempre non riuscendo a consumare in tempo gli alimenti acquistati, alla fine quasi tutti decidono di disfarsene. Buttando così nei rifiuti cibo che invece poteva essere ancora consumato.
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L’allarme
Nonostante la crisi economica e le difficoltà comuni a molte famiglie, il fenomeno dello spreco alimentare continua ad allarmare le autorità europee: per porre un limite agli sprechi la Commissione ha così proposto di rendere ancora più chiara la data di scadenza degli alimenti, aggiungendo una nuova dicitura: “Spesso buono oltre”.
Secondo l’Esecutivo dell’Ue l’aggiunta è opportuna per ridurre lo spreco alimentare, perché consente «una migliore comprensione della data di scadenza», e quindi indirizza meglio «il processo decisionale dei consumatori in merito all’opportunità di consumare o eliminare un alimento».
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Gli esperti che hanno stilato la bozza del provvedimento che poi sarà discusso dal Parlamento partono da un dato di fatto che accomuna i consumatori di tutti i Paesi: la maggior parte «non comprende appieno la distinzione tra le etichette “da consumare entro”, che è un indicatore di sicurezza, rispetto a “da consumarsi preferibilmente entro”, che invece è legata alla qualità del prodotto.
«Non tutti conoscono la differenza tra data di scadenza tassativa e termine minimo di conservazione – spiega Patrizia Laurenti, professore di Igiene dell’Università Cattolica di Roma – Mentre nel primo caso il prodotto non andrebbe consumato perché potenzialmente rischioso soprattutto per le persone più fragili dal punto di vista dello stato di salute, la seconda indicazione si applica invece ai prodotti non deperibili: consumarli dopo la data di scadenza non espone ad alcun rischio per la salute ma solo a una perdita di gusto, di friabilità e croccantezza».
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Sarà per leggerezza, o forse perché si compra più di quanto in realtà sia necessario, fatto sta che ormai si butta troppo cibo, ovunque. Secondo la Fao oltre un terzo degli alimenti prodotti al mondo va perso; e volendo fare i conti in tasca ai consumatori italiani, stando ai dati dell’Osservatorio internazionale di Waste Watcher-Spreco Zero, lo spreco alimentare domestico, quantificato in 674,2 grammi pro capite, ci costa annualmente 9,2 miliardi.
«Non dimentichiamo che in Italia – ricorda Laurenti – esiste la cosiddetta legge antispreco, la 166 del 2016, che permette il recupero di alimenti identificati dal termine minimo di conservazione. Vuol dire che il cibo non consumato può essere dato alle associazioni benefiche che poi si impegnano a redistribuirlo. E questo è fondamentale perché gli sprechi alimentari nel nostro paese sono devastanti. Spesso non sappiamo leggere le etichette e poi comunque ci piace fare scorte eccessive, come abbiamo già osservato durante la pandemia».
Altro elemento che può aiutare è poi la corretta conservazione, come raccomanda lo stesso ministero della Salute, verificando quanto indicato nell’etichetta presente sulla confezione. «I prodotti che hanno il termine minimo di conservazione – precisa Laurenti – sono conservabili a temperatura ambiente, quindi non hanno bisogno della temperatura del frigorifero a garanzia della loro sicurezza soprattutto microbiologica. Sono alimenti cioè non deperibili, come per esempio i prodotti da forno». Intanto, non tutti hanno preso bene il provvedimento messo in cantiere dalla Commissione europea.
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Il consorzio
«La proposta di revisione delle norme sulla data di scadenza – ha dichiarato Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop – non avrà impatto sulla mozzarella di bufala campana Dop, che fa della freschezza il suo punto di forza.
La direzione in cui intenderebbe andare la Commissione è opposta a quella su cui lavoriamo come Consorzio, che punta invece a incentivare il consumo della Bufala Dop subito dopo l’acquisto, per non perdere non solo il gusto di un’eccellenza, ma anche le sue proprietà nutrizionali».
La proposta di modificare la etichettatura in effetti non è inaspettata: a Bruxelles era stata annunciata già nel 2020, nell’ambito della strategia Farm to Fork, che prevede di trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sostenibile e con un impatto minore sui Paesi terzi.
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