La pietanza
«Fa marenna! Fa marenna! Te ne magne ciento dint’a ‘nu sciuscio ‘e viento», «Uno spuntino! Uno Spuntino! Te ne mangi cento in un soffio di vento» era lo storico grido degli ambulanti che offrivano nei vicoli di Napoli i fritti con le crocchette di patate, uno dei sapori simbolo del cibo di strada.
Le origini
Il “panzarotto”, vero nome del piatto alle latitudini dei Borboni, a causa della sua forma panciuta, oggi è offerta delle storiche pizzerie e delle tradizionalissime friggitorie che proliferano all’ombra del Vesuvio. Per andarne alle origini, però, bisogna spostarsi in Francia, patria dell’introduzione delle patate come soggetto gastronomico a tutto tondo, grazie all’agronomo Antoine-Augustin Parmentier che le introdusse alla corte di Luigi XVI, sotto la spinta della carestia del 1785.
Ai tempi del duro lavoro culturale per divulgare questo tubero come alimento buono ed economico (basti pensare al Trattato delle patate ad uso di cibo del 1798, opera massima di Parmentier), nacquero anche le prime ricette, compresa quella delle “croquettes”, dovuta al genio, sembra, di Antoine Carême, il celebre cuoco di Talleyrand.
Non per caso, nella Napoli dove si diceva monzù, gattò, supplì, sartù, si usa dire ancora oggi, alla francese, “crocchè”, a conferma di un prestito culturale, oltre che goloso, di altre tradizioni. Ma Napoli è anche città di dominazione spagnola, un buon motivo per considerare anche l’ipotesi di una derivazione dalle “croquetas”, sontuose di besciamella e di prosciutto crudo, il sapido Jamon iberico, trasformate poi in una versione meno ricca dall’ingegno del popolino napoletano.
Dolci e salate
Sia come sia, è a Napoli che le crocchette sono diventate perfezione. Lo sanno bene i sopravvissuti maestri del “cuoppo’”, dove il palato si stuzzica con sapori di terra (arancini, zeppole di pasta cresciuta, scagliozzi, crocchè), di mare (alici, calamari, baccalà) e di dolcezza (le graffe, dialettizzazione del krapfen).
E oggi, col ritorno ai sapori delle radici, le crocchette vivono un dorato revival, che si tratti di cuochi stellati o dei nuovi maestri della pizza. Il mitico Cannavacciuolo ne propone una versione ortodossa, con la patata rossa (importante, perché non sfarina e non rischia di rompersi in cottura), amalgamata con tuorlo, parmigiano, prosciutto cotto e mozzarella, tutti tagliati a brunoise. Passaggio importante, un colpo di forno dopo la frittura.
Le proposte
Pasqualino Rossi, mitico pizzaiolo di Élite ad Alvignano nel casertano, ne fa invece una versione senza prosciutto, tutta giocata sulla sapidità della provola, mentre Marco Pellone, anima della pizzeria Ciro Pellone di Fuorigrotta, salta a pie’ pari la panatura per andare dritto al cuore del piatto con una struttura ancora più morbida e sensuale, anche per la presenza del fiordilatte di Agerola.
Così, se le crocchette sono arrivate sul finire dell’800, col nome di “korokke”, perfino in Giappone, la vitalità del formato si vede dalle raffinate citazioni che ne fanno i grandi chef: crocchetta di stoccafisso con crema di capperi, nella interpretazione di Gennaro Esposito della Torre del Saraceno di Vico Equense, oppure crocchetta di patate con provola affumicata e bottarga di tonno rosso a Casa Torrente a Cetara.
La ricetta della crocchetta di patate
Ingredienti
- Patata gialla 400 gr
- Parmigiano 24 mesi 100 gr
- Acqua 100 gr
- Farina 100 gr
- Pangrattato 500 gr
- Sale
- Pepe
- Olio di semi di girasole q.b.
Preparazione
Step 1
Prendere 400 grammi di patata gialla e metterla a bollire per circa 40 minuti.
Step 2
Far raffreddare, impastare con parmigiano stagionato 24 mesi e aggiungere sale e pepe.
Step 3
Procedere dando la forma della crocchetta.
Step 4
Preparare una pastella con acqua e farina in pari quantità (100 e 100 grammi), e passarci la crocchetta.
Step 5
A questo punto si procede alla panatura col pangrattato, evitando di creare uno strato troppo spesso.
Step 6
Passare in friggitrice a 180 gradi per due minuti e servire.
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