I mitili
La saggezza popolare (che non sbaglia mai) suggerisce di mangiare le cozze – piatto icona dell’estate – nei mesi senza R (come luglio o appunto agosto), nonostante la pesca (o raccolta che dir si voglia) maggiore sia in autunno inizio inverno. È lungo l’elenco delle differenze tra una cozza e un’altra. Di sesso, il mollusco femmina più dolce e carnoso è arancione vivo mentre tende al giallo il maschio. Di origine, 250 allevamenti di peoci in Veneto, denti di vecchia nel Comacchio, mòscioli nella Marche e così ancora in Puglia, Sicilia, Sardegna, Friuli. Perfino il nero può essere più o meno nero: tanto è bella la carissima Portonovo di Ancona (nera violacea all’esterno e madreperlaceo all’interno), quanto brutta la cozza pelosa di Bari (strepitosa però da mangiare cruda).
Gli ingredienti
E poi le diverse ricette: nel guazzetto di pomodoro, in pastella e fritte, allo zafferano e ripiene, gratinate, in sotè (variante made in Napoli del sautè francese). Piatti che da regione a regione cambiano nome. Tranne uno – riso patate e cozze – che per essere perfetto deve chiamarsi Tiella pugliese, sintesi di mare e campagna e di luoghi lontani.
«Non è fatto solo di ingredienti pugliesi – racconta Emanuele Natalizio, chef a Bitonto – quindi è replicabile in ogni parte d’Italia». Tutti prodotti popolari anche nel costo. Il piatto nasce nella Puglia rurale interna. Inizialmente senza cozze, solo con ortaggi, riso e patate. Nei paesi di mare vengono aggiunti i mitili e il matrimonio di gusto diventa ideale. A condizione di non sbagliare la scelta delle varietà.
Il riso (ben sciacquato per evitare che diventi colloso) deve essere a chicco grosso, con ottime capacità di assorbimento, tipo Arboreo o Carnaroli (i cuochi pigri sono invitati a dimenticare i risi trattati parboiled impermeabili ai sapori). Le patate devono essere a pasta gialla (contengono più amido). Il pecorino è il romano (vade retro grana e parmigiano) e l’olio extravergine di oliva.
Zucchina sì, zucchina no è uno dei temi più combattuti. Nel rispetto della stagionalità, andrebbe comunque solo d’estate. «Si usa – afferma Natalizio – per rendere il piatto più succoso. Se si usano, le zucchine vanno posizionate sempre prima del riso». L’acqua delle cozze va filtrata alla perfezione almeno tre volte. «Non apritele – aggiunge il cuoco – sul fuoco, devono assolutamente essere pulite alla perfezione e aperte a mano».
Il recipiente
Determinante su tutto nella riuscita del piatto è il recipiente per la cottura. Tradizione delle nonne pretende una specie di tegame circolare in terracotta. Che, appunto, si chiama tiella (con le dovute varianti: tièdde a Bari, taieddhra nel Salento). Il suggerimento di Natalizio è «di cuocere al massimo della temperatura, perché il coccio ci mette molto di più a riscaldarsi, ma anche molto tempo a raffreddarsi».
Tanti, infine, i grandi chef che “giocano” con riso e cozze. Intrigante è la Zuppetta di Marco Baglieri a Noto. Qui la parte popolare e di antica tradizione è il caciocavallo. «La parte iodata delle cozze – spiega lo chef – si sposa perfettamente con quella grassa di questa eccellenza del territorio che si adatta amabilmente col mitile. Aggiungo un ulteriore elemento iodato che è la salicornia (asparago di mare) e una cialdina di riso nero soffiato».