Decisamente, la cucina romana non ha goduto in passato di grande favore di critica. Lo chef al servizio del principe Talleyrand, Antonin Carême, la considerava “pesante in modo atroce”. Anche Alexandre Dumas, autore di un celebre dizionario di cucina, aveva un giudizio analogo: “la più cattiva del mondo”. Paolo Monelli, nel suo “Ghiottone Errante”, sosteneva che la buona cucina romana è solo quella dove va il popolo.
Tuttavia, negli ultimi tempi, c’è stato un letterale cambiamento di segno. Oggi la Capitale ospita una pluralità di cucine e di stili, in un modello bonariamente cosmopolita, ma sempre ancorato alle sue radici. I piatti un tempo ritenuti grevi, oggi sono stati rivisitati, diventando una moda anche per i giovani.
Per esempio, il Rocher con gelée di sedano di Riccardo Di Giacinto è diventato uno dei suoi antipasti di bandiera. La coda è oggi presente nei luoghi trendy della movida giovane, come Lo’steria. Checchino, che ha più di un secolo, propone una coda storica, così come fa Enzo in via dei Vascellari a Trastevere. Morale della storia: dalla vaccinara del modaiolo, squisito tortino di coda della Antica Pesa alla versione ricca di sugo e calorie di Betto e Meri, la vaccinara è tornata prepotentemente di moda, e può finalmente rispondere ai suoi detrattori.
La ricetta della coda alla vaccinara di Annibale Mastroddi, Antica Macelleria Annibale – Roma
Annibale Mastroddi, macellaio di razza con bottega a Ripetta, nel suo libro sulla coda, ha idee chiare. «L’ideale è una bestia di una ventina di mesi».