Il mix
Nonostante il caldo torrido, lo spritz, pur essendo alcolico, è l’aperitivo più in voga del momento. Amato dai Millennials quanto dai sessanta-settantenni Boomers, senza distinzione di gender. Ma quale spritz? Bianco, Rosso, Ambrato, Arancio, Campari classico, Select (cioè alla veneziana), Aperol (quello dei ventenni Post Millennials), Padovano, Liscio (ma liscio come?). C’è anche la versione Indeciso per l’indeciso. E ancora il Pirlo bresciano, lo Spruzzato milanese, il genovese Biancamano. Elenco sterminato stando alle 164 pagine della piccola enciclopedia sul tema redatta dall’architetto e bon viveur veneziano Ettore Molon (Slow Spritz, Ronzani editore, 18 euro).
«Lo spritz – scrive – non è un cocktail da farmacia, e nemmeno un long drink. Il cocktail è il modo di bere tipico della cultura globale. Lo spritz ha invece un carattere glocal. La parte globale è rappresentata dai bitter e aperitivi oramai mondiali, mentre l’elemento locale è costituito dalla irriducibile individualità del vino. Fa parte della cultura dell’ombra, veneta, ma è un nome foresto pieno di consonanti. Fondamentale per la storia del moderno spritz è che il vino ha incontrato a metà ‘800 il rosso del Bitter. In questo modo soddisfa anche la nostra sete di colore. Una scorza di limone arrivato da lontano e lo spritz è servito».
Il colore
Molon, da purista, contesta la ricetta inserita nel 2011 nell’elenco mondiale dei cocktail e l’uso come base del prosecco frizzante o spumante. Al massimo consentirebbe il prosecco fermo, pochissimo conosciuto. «Il perché il frizzante o spumante sia inadatto – scrive – lo capisce chiunque: il conflitto tra il perlage del prosecco e le bollicine del seltz». L’unica concessione potrebbe essere servire il prosecco macchiato, «arricchito da un goccio di Aperol o di Bitter, che ne vira deciso il sapore, gli dona la virtù del colore acceso e non ne turba lo sviluppo del perlage».
Allora, quale vino scegliere? «Per lo spritz rosso – suggerisce Molon – un rosso fermo, giovane, di colore intenso, dai profumi gradevoli, erbacei». Per lo spritz bianco serve un vino brillante o limpido, «perché i torbidi comprometterebbero il risultato organolettico finale». Anche sull’aperitivo veneto, insomma, c’è il rischio di guerre di religione. Sin dall’origine che risale all’epoca dell’Impero austriaco quando i soldati delle truppe di stanza nel Regno Lombardo-Veneto alleggerivano l’alcol allungando il vino con una spruzzata di acqua gasata. Da cui il nome spritzen, cioè spruzzare.
Negli Anni Venti-Trenta del Novecento la bevanda si affermerà poi come aperitivo. In gran parte grazie allo storico bitter veneziano Select. In tema c’è l’ennesima storia tutta italiana di presa in giro del potere. Quando Mussolini vieta l’uso delle parole straniere, i produttori del Select replicano facendo riferimento a un fantomatico quanto improbabile acronimo di Stabilimento Enologico Liquori E Cremore Tartaro.
Il potere dello spritz
Lo spritz si prepara direttamente nel bicchiere: calice da bianco secco per il bianco, calice di rosso giovane per il rosso, calice tondo per i colorati, nella coppetta da cocktail per il Padovano, nel bicchiere conico la variante CampariSoda. Solo i prosecchi macchiati nella flûte. A questo punto non resta che brindare.