La tradizione
Il Carnevale è arrivato: facciamo onore ai dolci della tradizione che sono rigorosamente fritti! E non pensiamoci neanche un attimo a cucinare (naturalmente se è possibile) castagnole e chiacchiere al forno. Per una volta non ci faranno male, né ci faranno ingrassare. «Un fritto non fritto è come pensare che una bambola di gomma sia una donna reale», sentenzia Igino Massari, il più noto dei pasticceri italiani e severo giudice dei talent tv. Sono remote le origini di molte specialità. Nell’antica Roma, c’erano anziane donne che con il capo cinto di edera vendevano per strada le frictilia, dolcetti fritti nel grasso di maiale. Avveniva poco prima della primavera quando era utile – non avendo frigoriferi – consumare tutto il lardo avanzato dall’inverno.
Il ripieno
Con l’avvento del cristianesimo, ecco il Carnevale, che appunto vuol dire carnem vale nel senso di salutare la carne durante la Quaresima. I dolci più noti sono le chiacchiere – che però hanno una trentina di nomi diversi (frappe, galani, stracci, sfrappole e via elencando) – e le castagnole. Gli ingredienti sono sempre zucchero, farina, uova con l’aggiunta di una componente alcolica (grappa, brandy o Marsala). Per le castagnole e le altre paste ripiene si usano anche marmellate, cioccolato, crema.
Ma perché limitarsi a cucinare i fritti solo in questi giorni? Un invito a farlo tutto l’anno arriva da Chiara Pallotti, autrice di Frittelle & Co (Guido Tommasi Editore, fotografie di Silvia Luppi, 60 pagine, 12,50 euro). Un agile ricettario con una cinquantina di ricette (dolci e salate) di bombolotti e bomboloni, palline e tortelli.
«La sola parola frittelle – afferma Pallotti – racchiude un infinito universo di ricordi, di pomeriggi alle giostre, ruote panoramiche altissime e corse scalmanate tra le bancarelle per arrivare proprio lì, a chi vendeva fragranti dischi fritti, caldissimi e dolcissimi, nei quali affondare la faccia tra le risate».
«Credo fermamente – aggiunge – che davanti a una frittella calda appena fatta nessuno riesca a dire di no. È una carezza che riesce a strappare un sorriso soddisfatto in qualsiasi circostanza, un must immancabile in ogni momento di festa, perfetto anche per serate informali e spuntini veicoli».
Gli accorgimenti
Per cucinare i fritti non serve aver frequentato corsi di alta cucina, né spendere troppo per la materia prima. «Fritta è buona anche una ciabatta», dice infatti un proverbio. Con qualche accorgimento. Per avere un fritto più leggero nelle chiacchiere, suggerisce per esempio Igino Massari, serve una farina ricca di proteine che si gonfia meglio in cottura e assorbe meno olio. L’impasto va fatto riposare, ma una volta steso va subito cotto così da sviluppare le bolle. L’alcol dà aroma e rende il fritto più colorito e appetibile.
Per l’olio, Massari suggerisce la leggerezza di arachidi o girasole. «Non tutti gli oli o grassi – ha detto alla comunità di Dissapore – sono ideali per questi fritti e non tutti i fritti chiedono di essere croccanti». Infine un suo segreto: «Fate attenzione alla quantità di vapore che fuoriesce, se diminuisce troppo, viene a mancare la pressione nella pasta e entra con prepotenza il grasso di frittura».