Il Ghetto aggrega ogni giorno un turismo che, tra monumenti, memorie e gastronomia, si muove in una dimensione viva, non museificata, molto vera. La parte gastronomica? Senza dubbio si combinano qui una dimensione antica, oriental-mediterranea e una radice romanesca fortissima, anzi una radice che è alla base di quella che noi consideriamo la sapienza golosa dei romani.
Non è quindi strano trovare in questo piccolo spazio del centro le falafel e i carciofi, l’hummus e il cacio e pepe, il Frascati del rabbinato e i bianche delle Alture del Golan, gli hamburger kosher e i carciofi.
I carciofi non per caso sono il piatto totem da provare al Ghetto e dintorni: fritti, alla giudìa, alla romana, ma anche nella squisita versione al mattone, come li propone Evangelista in via delle Zoccolette. In questa gioiosa “orgia” di carciofi il fritto assume una sua dimensione tutta speciale: fiori di zucca, filetti di baccalà, ma anche la meravigliosa, massiccia “pecorara”, specialità del Pompiere, dove si trova davvero tutto, compreso il cervello e le cotolette di abbacchio impanate.
Davvero ce ne è per tutti i gusti, dal kosher ortodosso di Yotvata all’ebraico romanesco di Nonna Betta, dalle eccellenze casearie di Beppe e i suoi Formaggi, alle cucina gioiosa e generalista della Vecchia Roma, senza dimenticare la seducente bontà e grinta di Nicola Delfino nel suo Benito al Ghetto.
La ricetta dei carciofi alla Giudìa di Alessandro Conti del mitico banco di Campo de’ Fiori – Roma
Alessandro Conti (mitico banco di Campo de’ Fiori), sui carciofi alla giudia, ha le idee chiare: «devono essere i nostri, le mammole, ben puliti e lasciati a testa in giù in acqua e limone per mezz’ora».