Il cambiamento climatico e la pesca intensiva potrebbero impoverire le qualità nutrizionali dei pesci. E, di conseguenza, incidere sulla salute di milioni di persone in tutto il pianeta con un aumento della malnutrizione.
È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology e condotto da un team internazionale guidato dagli scienziati dell’Università di Lancaster che hanno notato questa minaccia per almeno il 40% dei Paesi del mondo. Le nazioni più a rischio sono quelle tropicali: tra loro, quelle dell’Asia Orientale e del Pacifico (come Malesia, Cambogia, Indonesia e Timor Est) e quelle dell’Africa subsahariana (come Mozambico e Sierra Leone).
Questa vulnerabilità ai cambiamenti climatici in alcune parti di oceani e mari sarebbe più sentita perché le carenze alimentari di calcio, ferro, zinco e vitamina A in queste zone sono particolarmente diffuse. E questi Paesi tropicali sono anche meno resistenti agli stop delle loro attività di pesca dovute ai cambiamenti climatici perché dipendono fortemente da questa economia.
Tra i pesci ricchi di micronutrienti più vulnerabili ai cambiamenti climatici ci sono lo sgombro indopacifico e la lampuga. Per gli studiosi, però, c’è anche un lato positivo per il futuro: alcuni Paesi potrebbero essere in grado di modificare le proprie attività di pesca per puntare su specie alternative ricche di micronutrienti che sono resistenti sia ai cambiamenti climatici sia alla pesca eccessiva.
«Il cambiamento climatico è la minaccia più pervasiva alla fornitura di micronutrienti vitali per molti Paesi in tutto il mondo, e in particolare ai tropici», commenta Eva Maire, studiosa dell’Università di Lancaster e autrice principale della ricerca.
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