La pasta cacio pepe, pur nella sua semplicità, si presta a numerose varianti. La prima riguarda il formato della pasta, secca o fresca, spaghetti o tonnarelli? Il secondo punto tocca la consistenza del piatto: “polveroso” o cremoso? Volendo andare alle origini, la “cremina” bisogna scordarsela e pensare invece ai vecchi osti che scolavano direttamente la pasta dalla pentola e la giravano nei piatti dove erano già pronti il pecorino e il pepe.
Un sapore ruvido e buono, pensato per far venire sete e “chiamare” il vino. Il primo cuoco che cominciò a sdoganare questa versione del piatto, proponendolo cremoso e con la pasta cotta a risotto fu Antonello Colonna che, da Labico, portò il piatto alle glorie della Capitale. Oggi la cacio e pepe è addirittura sbarcata sulle tavole stellate: Fulvio Pierangelini, al De Russie, ne “imprigiona” i sapori in un raviolo, mentre Fabio Ciervo ne propone una squisita e scenografica versione con fumi di azoto e boccioli di rosa sulla Terrazza dell’Hotel Eden.
Il tour dedicato al piatto attraversa tutta la città: alla Balduina alla Sagra del Vino, a Trastevere, con la cremosa versione dell’Antica Pesa, all’Appio da Roberto e Loretta, con l’aggiunta laterale di petali fritti di carciofo, o al Casaletto dal bravissimo Cesare.