L’amatriciana è un pilastro insostituibile della cucina romanesca. Anche se Amatrice apparteneva alla provincia de L’Aquila fino al 1927, Roma, grazie all’emigrazione di numerosi osti amatriciani, è diventata la sua patria adottiva. Uno scandalo è scoppiato quando Carlo Cracco ha affermato di aggiungere aglio al suo piatto. “Quale aglio?” hanno esclamato da Amatrice.
La morale? È essenziale rispettare la tradizione, ma ciò non esclude piccole varianti. La versione più sorprendente è quella proposta da Marco Martini, chef stellato del ristorante Stazione di Posta a Testaccio, presentata come un piccolo cono gelato. Mentre, all’Hassler, Francesco Apreda e il suo assistente Marcello Romano propongono una versione raffinata con guanciale croccante e un mix perfetto di spezie.
Secondo Massimo Bottura, uno dei più noti chef italiani, la migliore amatriciana del mondo è quella di Angelo Troiani, servita nel suo ristorante Convivio. Altre varianti degne di nota sono quelle proposte da Carlone a Trastevere, da Checchino a Testaccio, da Claudio Gargioli di Armando al Pantheon, e l’amatriciana dal sapore genuino di Francesco er Laziale. Infine, non dimentichiamoci della versione audace e femminile di Raffaella Paladino nel suo ristorante Vecchia Roma in piazza Campitelli.
La ricetta degli spaghetti all’amatriciana
La vera amatriciana, secondo la ricetta tradizionale, non contiene né aglio né cipolla.