La specialità
Come essere trendy e contemporaneamente antichi? Tanto povera quanto usata nelle tavole gourmet, la cicoria è la pianta selvatica più consumata dagli italiani. Perfino a dileggio degli sconfitti che – si sa – si fanno il fegato marcio. Cicoria nelle aree più popolari della Lombardia è ancora sinonimo di perdente da quando i milanesi sbeffeggiarono i francesi dopo averli fermati nella battaglia di Ariotta nel 1513. «Zuchoria! Zuchoria!», urlavano, suggerendo una buona tisana di cicoria per restare sereni.
Del resto – e questo lo certifica la scienza – tutte le erbe amare sono un toccasana antinfiammatorio e depurativo per intestino, fegato e reni. Quinto Orazio Flacco ne consigliava un consumo quotidiano e ancora prima gli egizi la usavano contro l’emicrania. Più corretto sarebbe parlare di cicorie, perchè sono tante. Lo è anche il radicchio che raccolto verde nei campi diventa rosso dopo due settimane di conservazione al buio (e in acqua). E parenti stretti sono l’indivia e la scarola, le puntarelle e la catalogna.
Varianti
Restiamo su quella più popolare. «È ottima anche cruda in insalata – suggerisce Dafne Chanaz in Il prato è in tavola edito da Terra Nuova – se vogliamo approfittare a pieno delle sue proprietà. Per mitigarne il sapore amaro possiamo marinarla oppure abbinarla per contrasto alle note pungenti del crescione o della rucola e alla dolcezza delle mele e di altri frutti».
Al Centro Sud si consuma quasi esclusivamente cotta in acqua e poi ripassata in padella. Con i fagioli in Abruzzo, con le fave in Sicilia e Calabria, oppure saltata con olio, formaggio e pangrattato. Nel purè di fave pure in Puglia, dove si usa per cucinare l’agnello nel coccio. La minestra maritata a base di cicorie e condita con sugo di pollo, è un tradizionale piatto di festa popolare in Basilicata. Ovunque al sud è usuale l’abbinamento con il peperoncino.
I grandi chef impreziosiscono la cicoria con altri compagni di viaggio. Con ostrica e mela verde lo stellato Vitantonio Lombardo di Matera, nello Gnocco di patate cotte sotto la cenere e il capriolo, il parigrado Errico Recanati di Loreto. A Venezia Alberto Fol, il nuovo executive chef del raffinato Club del Doge del Gritti Palace, accanto all’astice all’arancia (ricetta in basso), usa le cicorie proprio a mo’ di esempio ed esaltazione della biodiversità.
«Nel piatto – spiega – ho voluto dare risalto a tutte le specie derivanti dalla cicoria: radicchietti di campo, puntarelle, radicchio tardivo di Treviso, Rosa di Gorizia ». Una costante dei menù di Fol è il bilanciamento delle ricette e «la valorizzazione del territorio, delle sue particolarità, e l’impegno a sostenere i piccoli produttori di eccellenze».
Amore
Insomma, un ingrediente multitasking, perfino per una cenetta a lume di candela, visto che recenti studi ipotizzano che l’acido cicorico sia addirittura un potente afrodisiaco. Angela Odone de “La Cucina Italiana” immagina la scena così: «“Cara, cosa hai preparato? Tartufi, ostriche, caviale, cioccolato e Champagne?”. “No, amore, cicoria ripassata in padella”». E forse, in tempi anche di ristrettezze economiche, non è una cattiva idea.
La ricetta dell’astice all’arancia con cicorie di Alberto Fol, Gritti Palace – Venezia
Ingredienti
- astice 4 da 400 gr
- Crostacei zuppa 400 gr
- Arancia succo 2 arance
- Radicchio 100 gr
- Cicoria e puntarelle 200 gr
- Radicchietti di campo 50 gr
- Rosa di Gorizia 50 gr
- Burro 100 gr
- Panna acida 10 gr
- Timo 20 gr
- Aceto balsamico di mela 5 gr
- Germogli
Preparazione
Step 1
Sbollentare gli astici per 3’ e le chele per 3’30’’
Step 2
Poi scottarli in padella con aromi e burro leggermente imbiondito.
Step 3
Preparare un letto di cicoria scottata, adagiare l’astice, versare al centro la bisque di crostaceo aromatizzata all’arancia.
Step 4
Tagliare le chele, condire con sale, pepe e olio extravergine.
Step 5
A parte, preparare un’insalata con rosa di Gorizia, radicchio, cicoria e radicchietti di campo, conditi con l’aceto balsamico di mela, olio e scorza grattugiata d’arancia.
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