A Roma i carciofi sono un autentico totem nel panorama dei sapori. Nel territorio di Cerveteri, a nord, e in quello di Sezze, a sud, se ne coltivano peraltro varietà. La mammola, il cimarolo senza spine è protagonista assoluto di due diverse visioni del mondo. Alla romana, stufati in pentola a testa in giù, profumati di aglio e mentuccia, oppure alla giudìa, in doppia frittura, per avere delle chips croccantissime e golose.
Senza contare che esiste anche la variante “alla matticella”, tipica delle campagne di Velletri, dove i carciofi, che era tradizione coltivare accanto alle vigne, vengono arrostiti sulle braci dei matticelli, i tralci di vite.
Ma, tradizione a parte, anche i creativi hanno la loro da raccontare sul carciofo. Benny Gili, alla Baia di Fregene, in omaggio ad Alberto Zafrani, lo chef maestro di vita che tanto fece per rinnovare la cucina del litorale, ha messo in carta le sue sublimi seppie coi carciofi, aggiornandole con un panatura di panko alla giapponese. Allo stesso modo Adele De Quattro e Lorenzo Giacco dell’Osteria degli avvocati hanno moralmente “brevettato” il Baccacarciofo. Creativo purosangue, Ciro Alberto Cucciniello di Carter Oblio propone il roman ramen che si presenta come un classico ramen giapponese, con un richiamo ai piatti della tradizione romana.