Marsala
La storia d’Italia è passata da qui. Era l’11 maggio 1860 quando i Mille attraccarono dinanzi all’antica (e attuale) cantina-museo dei Florio, dove ancora oggi sono in mostra le armi donate dal Generale Garibaldi. Gustare un buon bicchiere del vino fortificato (cioè con l’aggiunta di alcol) è proprio come bere un sorso di storia. «È molto più di un semplice prodotto – dice Maria Chiara Bellina di Cantine Pellegrino – perché racchiude la memoria e l’identità di questo tratto di costa siciliana».
Il merito della nascita del Marsala si deve all’inglese John Woodhouse che nel 1773 aveva aggiunto l’alcol nelle botti per garantirne la conservazione durante la navigazione verso Londra. Ne venne fuori un vino liquoroso, simile al Madera, spacciato inizialmente come spagnolo. Una bufala – pardon, una fake news – come quella accreditata nel Ventennio su una presunta origine nell’antica Cartagine. Dopo le sanzioni decise dalle “democrazie plutocratiche”, il regime fascista non poteva certo ammettere che un vino italiano fosse in realtà un’invenzione della perfida Albione.
L’eredità
«Sconosciuto dai giovani, dimenticato dai più anziani, il Marsala si sta riconciliando con i consumatori», racconta Francesco Intorcia, tra i protagonisti della rinascita. Grazie alle diverse sfumature e intensità di profumo e colori, oggi il vino liquoroso secco, semisecco o dolce non è più relegato al solo ruolo di dessert. È migliorato il modo di produrlo sin dal vigneto con vini base – come nel caso della Intorcia – che partono dai 15 gradi per maturare in bottiglia a 18. Intorcia si considera pure fortunato per aver trovato nella cantina del nonno botti antiche ancora piene di vino che ora imbottiglia con l’etichetta “Heritage”.
Marsala Revolution è invece la serie di sei diverse etichette che un altro storico brand – Pellegrino – ha dedicato a chi ha fatto la storia della doc. Nella torre della cantina Pellegrino il giovane cuoco Francesco Alagna organizza cene «con un percorso insolito, alla scoperta di un vino che regala grandi emozioni». Tutto usando una decina dei migliori Marsala (tra questi gli ottimi Barraco, Buffa, Florio, De Bartoli, Rallo).
«Prima da cliente – racconta Alagna – mi stupiva che perfino in Sicilia a fine cena mi offrissero limoncello, grappe o amari e mai Marsala. Io ora faccio di più, lo abbino a tutto pasto». A sostenere che è straordinario anche come aperitivo è il “naso” Baldo Baldini, romagnolo, una delle firme più note dei moderni vermouth e liquori italiani.
Ai fornelli
Tantissimi sono i giovani bartender che lo usano anche nei cocktail per dare una spinta di qualità in più. In cucina, non solo nella pasticceria, è da sempre un ingrediente importante.
«Provare ad abbinarlo con l’ostrica – suggerisce Christian Fava di Cesenatico, Under 30 emergente 2018 – il contrasto tra parte iodata del mare e i profumi del vino esalta uno straordinario equilibrio».
Fava sostiene che il Marsala è ideale nelle lunghe cotture delle carni bianche, particolarmente con l’anatra: «Nessun altro vino riuscirebbe a sostenere certe aromaticità». «In ogni caso bisogna rompere gli schemi – conclude il produttore Intorcia. «Il Marsala non è un vino da meditazione ma da conversazione».