Superstizioni
Fervono i preparativi per l’anno nuovo, ma dalle nostre cucine non vengono sfornati solo menù e ricette, perché il cibo è da sempre un forte concentratore di significati magici. Tra scaramanzia, superstizione, pseudo cognizioni scientifiche si è infatti costruito nel tempo un fitto reticolo di cibi di buono auspicio. Difficile, quindi pensare all’ultimo giorno dell’anno senza parlare di lenticchie, simbolo fin dai tempi antichi di prosperità e di ricchezza, per la somiglianza tra il legume e le monete.
Partendo da questa piccola superstizione, i padroni di casa che si vogliano sbizzarrire, possono giocarsela sulla varietà di lenticchia prescelta. La scelta è molto ampia: si passa dalle verdi giganti di Altamura a quelle piccole piccole dell’isola di Ustica. Ma anche, virando sull’esotico, ci sono le urad dhal asiatiche, che ricordano col loro nero screziato il caviale Beluga. O le piccole verdi venate di blu di Le Puy in Alta Loira, molto gustose e speziate. Senza dimenticare che, dall’altra parte dell’Oceano, al posto delle lenticchie la magia funziona con i black eyed peas, molto simili ai nostri fagioli dall’occhio, ma soprattutto a delle monetine, che si consumano nel gustoso Hoppin’John, a base anche di riso e bacon.
La potenza
Su cibo e superstizione, difficile non fare un salto a Napoli, magari per una chiacchierata con Enzo Piccirillo, guru della pizza fritta e titolare della storica Masardona. «Qui sotto il Vesuvio è tutto un rito magico – esordisce – Ricordate Peppino De Filippo col suo celebre scongiuro… aglio, fravaglio /fattura canun quaglio /corna, bicorna /capa r’alice e capa r’aglio?… che per essere eseguito alla perfezione richiede anche che si sputi tre volte a terra con tre gesti di corna a due mani rivolte in giù. Bene, al di là del folklore la filastrocca ci ricorda la potenza dell’aglio che da noi non solo è una base fondamentale, ma porta anche bene!
Scaccia gli spiriti cattivi, come ben sapevano i contadini che si difendevano dalle streghe di Benevento, molto prima che i vampiri entrassero nella nostra cultura. E poi ci sono i dolci. Da noi guai a non avere in tavola i roccocò, da gustare con un bicchiere di vino dolce». In Cina guai a spezzare i noodles con i denti, perché significa disgrazie. Mentre in Grecia la melagrana rappresenta la fecondità. Deriva dalla Spagna invece l’uso di consumare dodici chicchi d’uva l’ultimo giorno dell’anno per avere fortuna nei mesi a venire.
L’atomica
E ancora, tra i più potenti anti-iella portati dalle Americhe e approdati con successo nelle nostre cucine, c’è il peperoncino, che in Calabria trova la sua patria tricolore di elezione. «Verissimo!» dichiara Ivano Daffinà che a Roma racconta i sapori della sua terra al Simposio in Prati e nel neonato Filippo’s al Nazareno. «Il peperoncino lavora a tanti livelli: innanzitutto, rosso come un cornetto vegetale, porta fortuna già di per sé. In secondo luogo, da sempre il suo è il piccante delle ricette dell’amore, dell’afrodisiaco. Non per caso noi offriamo sempre una ciotola del nostro olio con del peperoncino fresco e del pane tiepido: una piccola bomba che schiude l’appetito e il buon umore. Anche perché, volendo, abbiamo anche l’atomica, quella gioiosa però, ovvero la nostra ‘nduja, fantastica per bene augurare, perché unisce due richiami potenti: il maiale, da sempre simbolo dell’abbondanza, e il peperoncino scaccia guai».