Si fa presto a dire kebab. Dietro questo straordinario street food passato dall’antica Persia all’impero ottomano, lungo un panorama geografico che va dalla Mongolia alla Grecia, si nasconde infatti un intero universo di variazioni. L’origine del piatto, secondo gli storici, sarebbe persiana, con le carni, opportunamente conciate, messe al fuoco sulle spade. In questo senso, lo shish (da una parola turca che vuol dire spiedino) kebab è sicuramente il parente più prossimo alla versione primordiale.
Senza dimenticare che in Turchia, nella regione dell’Anatolia, si gusta il “testi kebab“, cotto direttamente, con le sue verdure, dentro un’anfora di terracotta. In Iran, però, l’accento si sposta, e la carne grigliata e speziata diventa, nel chelow kebab, un semplice contorno per il riso. Ma, sempre restando in Turchia, come non citare il döner?
Il punto divertente è che questa versione, cotta su uno spiedo verticale, non può contare su antiche tradizioni, ma nasce piuttosto lungo le vie dell’emigrazione turco curda in Germania all’inizio degli anni ‘70, una innovazione destinata a rivoluzionare il mondo di questo piatto. E se döner è legato alla parola girare, non è un caso se il suo parente mediorientale prenda il nome di shawarma, che obbedisce alla stessa etimologia, la quale si prolunga nel gyros greco, dove interviene il maiale, assente – per ovvi motivi religiosi – nei kebab dei territori ottomani.
