Il superalcolico
In Abruzzo un popolare liquore è la genziana. Ora c’è chi in fase di distillazione aggiunge anche il ginepro e nasce la GINziana. Il gin diventa così l’ultima frontiera del mix di tradizione e innovazione dell’Italia del gusto. Sono 400 le etichette 100% tricolori – anche se spesso con nomi inglesi – che stanno rivoluzionando il mondo del superalcolico, base del planetario gin tonic. Un tempo Gran Bretagna e Spagna – le patrie assieme all’Olanda del gin – si accontentavano di comprare l’ottimo ginepro delle montagne italiane. Oggi va di moda il distillato fatto in Italia. Ne esportiamo per circa 22-25 milioni di euro l’anno con un incredibile incremento in 10 anni del 1.054 % (dato Federvini).
Palato e nasi italiani sono talmente tenuti in considerazione da spingere i big mondiali a presentare in anteprima in Italia i nuovi prodotti. Come ha fatto il famosissimo master distiller inglese Desmond Payne che nel suo Beefeater London Garden ha aggiunto alle nove botaniche classiche il limone, verbena e timo, prima di offrirlo a Milano e Roma.
L’anima del gin
Proprio a Roma – all’interno dell’Hotel Adriano al Pantheon – è attivo un originale Gin Corner con un centinaio di London dry e American Gin di tutto il mondo, edizioni limitate e produzioni artigianali. In programma anche corsi di degustazione. Insomma, l’Italia è un vero “ginepraio”. «Però attenzione a quel che c’è in giro», ammonisce il guru Baldo Baldinini, dal suo Olfattorio a Rimini.
«La distillazione – spiega – è una delle cose più impegnative da fare. È l’arte di estrarre l’anima da una pianta, non basta avere un alambicco. Ci vogliono anni di esperienza e sperimentazione per creare un prodotto di qualità e con grande personalità e identità. La scommessa è essere davvero unici, avere qualcosa che c’è solo in quel prodotto. Altrimenti è solo marketing». Per ora Baldinini – assieme al design Mario Di Paolo – ha dato vita con Brand Breeder Spirits a un gin composto da 30 botaniche che «simboleggia il superamento dei propri limiti». Addirittura provoca scosse elettriche il gin creato da un giovane sardo laureato, Frediano Mura. A Roma è stato premiato con l’Oscar Green della Coldiretti per l’ideazione del primo gin elettrico al mondo, prodotto con una erba naturale delle boscaglie dell’isola che riesce a dare la sensazione di ricevere micro scariche elettriche al palato di chi lo assaggia (non certifichiamo, non avendolo ancora assaggiato).
Le miscelazioni
Più nella tradizione altri due prodotti: il Sabatini Gin solo con botaniche spontanee della Toscana (ginepro, coriandolo, iris fiorentino, finocchio selvatico, lavanda, foglie di olivo, timo, verbena e salvia) e il Wolfrest Alba al tartufo (composto solo da ginepro, nocciole tostate e tartufo bianco rigorosamente di Alba). Tra i brand più noti buoni gin sono quelli di Bonaventura Maschio, Nardini, Luxardo, Enoglam.
Ma il gin non è solo da bere. «Va anche all’interno dei piatti perché permette di creare diverse miscelazioni senza intaccare e coprire il gusto dell’alimento, anzi se usato in dosi giuste riesce ad esaltarne il sapore», afferma Andrea Cutillo di Particolare a Milano. E Maria Luisa Scolastra – che a Foligno usa direttamente le bacche di ginepro – aggiunge: «Nelle salse di cottura esalta il gusto leggermente amarognolo».