La pietanza
Schiuse le uova all’inizio dell’estate (nel Tirreno laziale un po’ in ritardo quest’anno), le piccole seppie restano ancora sotto costa per qualche settimana prima di avventurarsi in mare aperto. Sta quindi per terminare il periodo in cui se ne pescano di più, sfidando però la loro notissima astuzia nel mimetizzarsi con colori cangianti o nascondendosi sotto gli scogli. Non per nulla Arthur Schopenhauer nel 1851 sentenziava che «come la seppia, la donna si avviluppa nella dissimulazione e nuota a suo agio nella menzogna» (parole del filosofo tedesco, non nostre: sia ben chiaro, a scanso di equivoci).
Andrea Camilleri, nel Ladro di merendine, più prosaicamente scriveva: «Quel giorno Adelina era entrata in azione, sicché Montalbano trovò in frigo il sugo di seppie, stretto nero, come piaceva a lui. C’era o no un sospetto di origano? L’odorò a lungo, prima di metterlo a scaldare, ma magari questa volta l’indagine non ebbe esito».
Le preparazioni
Eccoci così in tema di cucina popolare, con un piatto – le linguine al nero di seppia – nato in Veneto (dove l’origano sicuramente non si mette). In ogni regione il mollusco dai dieci tentacoli nel piatto ha una diversa “morte sua”. in Liguria allo zimino (cotto assieme a verdure precedentemente lessate). Nel Lazio e centro Italia con i piselli e in Abruzzo coi carciofi. Ripiene quasi ovunque (variante al forno nelle Marche, piccantissime in Calabria).
Una sintesi adesso démodé era la pasta con il sugo di seppie ripiene. «Era un modo – racconta lo chef due stelle Pino Cuttaia, siciliano di Licata – di assicurare con un’unica preparazione il menù del giorno. Con il sugo si condiva la pasta e per secondo c’erano le seppie. La ricetta cambiava di quartiere in quartiere, di casa in casa. Di solito però nel ripieno non mancavano mai i tentacoli della seppia, il pangrattato per dare compattezza, il tritato di maiale. Seppia e maiale può sembrare un connubio curioso, ma ha la sua ragion d’essere. Veniva utilizzato il maiale, altrimenti la pancetta o la salsiccia, perché la seppia è priva di grassi. La fusione di questi due elementi, tanto diversi tra di loro, produceva un connubio perfetto. L’unione delle proteine della seppia ai grassi del maiale».
Cuttaia ha creato un piatto geniale (l’uovo di seppia che sembra tal quale un uovo di gallina) partendo dal suo vissuto da ragazzo in una famiglia popolare. «La cucina – afferma –è cultura: che la si prepari o la si consumi, è frutto dell’identità di ciascuno di noi e dunque si fa strumento per esprimere e comunicare quell’identità, quell’esperienza. Dietro ogni piatto c’è una narrazione che parla di noi».
La disponibilità
La sua memoria va ai periodi in cui la seppia era la regina incontrastata della tavola. «Costava poco ed era disponibile in quantità. Mia madre cucinava le seppie, le madri dei miei cugini cucinavano le seppie, le madri dei miei amici cucinavano le seppie. C’erano periodi in cui non c’era modo di sfuggire alla dieta a base di seppie, neanche facendosi invitare a pranzo da qualcuno».
«Fortuna che la seppia – conclude – si presta a numerose preparazioni, non perdendo la stessa capacità di mimetizzarsi e di nascondersi che ha in natura. Le donne di casa mettevano in atto vari espedienti, variandone la forma, la cottura o gli accostamenti, per dare corpo alla più amabile delle illusioni ed evitare che la famiglia si lamentasse di mangiar sempre la stessa cosa».